Da Firenze a Genova: una settimana di magnifico delirio ovale!

Non è facile raccontare la massa di persone, momenti ed emozioni della mia settimana tra sabato 12 e sabato 19 novembre, tra il test match di Firenze e quello di Genova, ma ci provo!

FIRENZE

Una piccola reunion di Camioniste (chi sa, sa!) di rugby.it in occasione di Italia-Australia: un tot di ore di viaggio, poche ore di sonno, una quantità indefinita e indefinibile di calorie ma anche di km a piedi (si compensano!), amicizia, gioia, incontri, una leggerezza assoluta, felicità!

E abbiamo anche vinto! All’ultima meta Aussie stavamo già smadonnando per la sconfitta beffa, e invece… Boooooooom, niente bandierine alzate, un attimo di fiato sospeso sia in campo che fuori, gli Azzurri che iniziano ad esultare e il Franchi che esplode!

Appena salite in tribuna, nell’ordine: 1. Io mi metto a chiamare a gran voce “Morenoooooooo!!!” (Molla di Sky), che era in campo, per salutarlo (e ancora mi prende in giro per la mia magnifica ghirlanda tricolore: non capisco perché!). 2. Vediamo Ongaro e partiamo: “selfie con Ongaro!!!”. 3. In campo per interviste varie ci sono Zanni, Favaro e Ghiraldini e i commenti su Zanni sono irriferibili. 4. Zanni sale in tribuna e ci passa a meno di un metro: “selfie con Zanni!!!!!”. 5. Usciamo dallo stadio per andare verso il villaggio del terzo tempo e… “C’è Pierviiiiiiiii!!!”: saluti, baci, abbracci, complimenti, love, love, love!

Poi si va in centro e, in un bar rigorosamente non da turisti scelto dall’indigena Silvia… “Lara!!!” … “Lara???”… “Lara!!!”, da rugby.it e da Modena with love and surprise!

Non vedevo una partita dell’Italia da semplice spettatrice praticamente da dieci anni e non potevo sceglierne una migliore e neanche compagnia migliore!

SILURI RUGBY CLUB

Dopo Firenze inizia la tirata finale di organizzazione della partita tra Siluri e Cambridge di venerdì 18: il più è fatto, ma i messaggi nelle varie chat sono sempre un fiume in piena, ci sono le ultime cose da definire, imprevisti vari e inevitabili e bisogna pompare ancora di più con la comunicazione per far venire tanta gente. E scrivi e chiama e manda e posta.

GENOVA

Intanto si avvicina anche Italia-Sudafrica e se avessi avuto un euro per tutti quelli che mi hanno chiesto dei biglietti (che non avevo) ora sarei ricca! Nel mentre cercavo di acchiappare un invito per la serata di giovedì 17 dedicata a “Non Puoi Fidarti di Gente Così” e a molto altro: mission accomplished! E meno male, perché è stata una serata semplicemente magnifica: molta Genova, molto rugby, atmosfera perfetta, location stupenda, contenuti, musica, amici, facce note, focaccia e pesto, Calandri, Pastonesi e quel pozzo infinito di storie e storia che è Giorgio Cimbrico. What else?

VENERDÌ 18

Sono in ferie. Mentre al Carlini Bollesan qualcuno già inizia ad allestire, io vado a salutare a Marassi e a vedere Captain’s run e conferenza stampa dell’Italia e Genova apparecchia un cielo azzurro limpidissimo e una temperatura primaverile: benvenuti Azzurri!

Sono belli ‘sti ragazzi: sono giovani, sorridono, sono una squadra, hanno fiducia in se stessi, sono una gioia per gli occhi.

Alla conferenza stampa mi presento a Cristiana Mondo, una donna dal sorriso stupendo e vedova di Lele Remaggi, un giornalista innamorato del rugby, una persona splendida a cui perdono anche l’essere stato un cussino, che ci ha lasciato decisamente troppo presto e che si sarebbe goduto alla grande questo week end genovese dedicato a Marco Bollesan, insieme al quale lui ha scritto la sua autobiografia (leggetela, che ne vale la pena).

Mi trovo nel corridoio degli spogliatoi mentre arriva il Sudafrica e 1. L’obiettiva e massiccia quantità di gnocca nello staff del Sudafrica mi ricorda che ho sbagliato a non studiare fisioterapia o medicina dello sport. 2. Su Etzebeth a un metro di distanza che dice “buongiorno!” preferisco non pronunciarmi e 3. Sono realmente ed assolutamente enormi, tranne il piccolo Faf con il suo look da porno attore tedesco anni ’80 ed il sorriso da bimbo discolo.

Nel mentre, altri messaggi e altri post, attraverso Genova per andare a casa a cambiarmi, riattraverso Genova e vado al Carlini Bollesan, dove c’è già un folto pubblico che tifa a squarciagola per i bambini che si stanno sfidando in un mini torneo tutto genovese (vinceranno gli Orsi delle Province dell’Ovest, primo club di Pierre Bruno).

Scendo sul campo e, come sempre, mi sento come un pesce nell’acqua: il rugby è casa (persino al Carlini!). Emozione, emozioni, musica, Tommy Castello con gli occhi che brillano, si gioca, gli spalti sono pieni, la gente tifa e si diverte e la partita tra Siluri e Cambridge è vera, bella, con tante mete e delle belle giocate: finisce 59-31 per i Siluri, un trionfo! Pubblico in delirio, ragazzi felicissimi e noi tutti orgogliosi, sia della bellissima figura dei ragazzi liguri scesi in campo (due mete cussine, una recchelina, una savonese e il Player of the Match made in Pro Recco) che per la riuscita dell’evento: ce l’abbiamo fatta! Ed è stata raccolta una bella cifra in favore dell’associazione Iron Giò, a cui va tutto il ricavato della serata: missione compiuta!

ITALIA-SUDAFRICA

Genova non regala il sole e il tepore dei giorni precedenti e al test match riserva un cielo grigio e, soprattutto, una tramontana che si fa sentire durante la partita. Tribuna stampa, saluti, due chiacchiere sulla partita del Carlini Bollesan del giorno prima, una grande Italia nel primo tempo, i Campioni del Mondo troppo forti nel secondo, Marassi pieno di oltre 27.000 persone festanti, tra cui praticamente l’intero rugby ligure e persino la Bionda e Heidi!

Prima della partita sono dovuta rimanere per qualche minuto fuori dal bar della tribuna d’onore e alla tv ho visto l’inquadratura di Pierre Bruno in lacrime mentre abbraccia Paolo Ricchebono, il suo primo allenatore, sul campo dello stadio della sua città: la mia immagine di Italia-Sudafrica rimarrà per sempre questa. Invece quella di Pierre rimarrà sicuramente la proposta di matrimonio alla sua fidanzata in mondovisione: auguri!

Adoro andare allo stadio a piedi, incrociare i tifosi, vedere la gente entusiasta e colorata che osserva curiosa una città che non è la sua o, nel mio caso, un quartiere che conosco pochissimo, visto che vivo in una zona piuttosto distante e che non frequento il Ferraris per il calcio. Doppiamente bello vedere i sudafricani, a “n” km da casa, alle prese con le intramontabili cartine degli uffici del turismo, che anche se tutti si usa Maps, si usano sempre anche quelle, che danno sicurezza.

DOMENICA

Dopo dieci ore abbondanti di sonno sono quasi tornata alla vita ma decido di non truccarmi, che è domenica e solo relax, quindi giustamente vicino a Principe trovo Wayne Barnes, mega arbitro mondiale che sabato ha fatto l’assistente e che stava andando a prendere un orrendo regionale per andare verso Monaco, con tanto di smoking nel porta abiti, per partecipare alla serata degli Awards che avrebbe incoronato Capuozzzzz come rivelazione dell’anno. Probabilmente nella foto, oltre a non avere trucco, ho ancora i segni del cuscino sulla faccia.

Grazie al rugby, grazie alle mie amate Camioniste, grazie a Silvia per la stupenda ospitalità a Firenze, grazie ai Siluri, soprattutto a Carlo, Marco e Gigio, per avermi voluta nel team e avermi regalato così un’esperienza faticosa ma bellissima (e un bel bouquet!), grazie a Gianluca Galzerano di FIR che ha organizzato la magnifica serata del giovedì, grazie ad Andrea Cimbrico, a Moreno Molla e a tutti quelli a cui ho rotto le palle per avere un invito alla suddetta serata, grazie ai giornalisti che sono venuti alla partita dei Siluri, grazie a Delinquenti/NPR per l’accredito stampa, grazie ad Alessandro Fusco per la disponibilità e la simpatia nel partecipare alle mie mini-interviste (guarisci presto!), grazie a Genova per essere stata una location semplicemente perfetta per tutto: è stata una settimana delirante ma bellissima!

Detto tutto questo, spendete 16 minuti e mezzo della vostra vita per guardare questo documentario sui giorni genovesi di Siluri e Cambridge e sulla partita, realizzato da Marcello Pastonesi (nipote) con la sua agenzia NICAMA: ne vale la pena! https://vimeo.com/772747545

P.S. Solo per miracolo non sto ancora vagando nel labirinto dei corridoi di Marassi cercando l’uscita.

P.P.S. Mi pare evidente che Zena è pronta per il 6 Nazioni: Marassi the new Flaminio!

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Sconfitti e festanti: le partite dell’Italrugby

Sconfitti e festanti: il paradosso delle partite dell’Italrugby, con il contorno che oscura del tutto l’evento. Riflessioni da inviata sul campo per i Pirati del rugby, sul cui sito www.rugby-pirates.com compare questo stesso scritto, insieme a molti altri contenuti.

Non è facilissimo spiegare cosa sia davvero una partita dell’Italrugby all’Olimpico. Non lo è perché si tratta di cercare di spiegare il motivo per cui decine di migliaia di persone decidono di andare a vedere una partita di una squadra che vince praticamente ad ogni passaggio di cometa.


Facendo però un giro attorno allo stadio già da tre ore prima dell’incontro, si inizia ad intuire qualcosa, e si formulano sia pensieri molto positivi che un po’ amari.


Una partita di rugby dell’Italia è, fondamentalmente, una festa: nessun problema di sicurezza, birra, amici, sorrisi, musica, foto e abbracci con i tifosi avversari, il clima di Roma solitamente dolce (neve del 2012 a parte!), i ritrovi con amici di ogni parte d’Italia, un divertimento sicuro anche per i bambini, e così via.


Bene, tutto bello e positivo, ma la partita dove si colloca? Ecco, qui nasce il problema. Un problema che, però al tempo stesso, è diventato una forza ed anche un salvagente. La partita è solo un accessorio, è in secondo piano rispetto alla festa.


Questo fa sì che, con buona pace dei tanti che non riescono proprio a capire come sia possibile, una Nazionale che perde un gran numero di partite e che rimedia anche figure non proprio bellissime, riesca ancora a portare allo stadio un gran numero di persone. E dire che anche lo stadio in questione non è proprio amatissimo: la visuale non è granché, è fin troppo grande e dispersivo, non è uno stadio “da rugby”.


Però è diventato, dal 2012 ad oggi, un perfetto stadio “da festa”: difficile eguagliare le statue dello Stadio dei Marmi e il Foro Italico come cornice per il Villaggio del Terzo Tempo, per il prepartita di festa dei tifosi di casa ed ospiti.


È, per molti versi, una sorta di miracolo ma, al contempo, è qualcosa di estremamente negativo sportivamente parlando, perché non si tratta di partite di beneficenza ma di incontri di un importantissimo torneo internazionale, dove i risultati contano eccome.


E il risultato, anche al termine di questa Italia-Scozia, è stato francamente deprimente, così come la partita: indubbiamente brutta la seconda e decisamente orrido il primo (0-17), ma la festa non è stata intaccata minimamente, con i concerto dei The Kolors, la birra, le risate, gli amici, la bellezza di Roma, il clima mite, etc etc.


54.349 spettatori (numero ufficiale) che, a parte qualcuno, hanno istantaneamente archiviato la brutta sconfitta come un qualcosa di abituale/inevitabile ed un dato del tutto trascurabile nella dinamica della giornata di festa. Peccato che, in teoria, l’evento del giorno fosse proprio la partita, un incontro del 6 Nazioni, un appuntamento sportivamente importantissimo.


Franco Smith, non contato tra i 54.349 ma, purtroppo per lui, comunque presente, la festa, invece, proprio non sa dove sta di casa: arriva in sala stampa scuro in volto e con la faccia di uno che vorrebbe essere ovunque tranne che lì. Cerca di schivare le facili bordate dei giornalisti e lo fa provando ad addolcire la pillola, difendendo a spada tratta la sua squadra nonostante una prestazione francamente inguardabile. Si può dire che siamo un po’ stufi di dichiarazioni come queste?


Anche Capitan Bigi in sala stampa aveva l’espressione di uno che avrebbe preferito essere seduto su un nido si formiche rosse piuttosto che lì dove stava. Alla domanda sul breakdown ha risposto com sincerità, ammettendo le responsabilità azzurre su una fase di gioco che è stata resa troppo redditizia per la Scozia.


Facciamo che preghiamo che il miracolo della festa che se ne frega delle partite duri ancora il più a lungo possibile.

Ci credevamo tanto, ed era bellissimo: i 10 anni di ITA-NZL

Pochi giorni fa è caduto il decimo anniversario della storica partita tra Italia e All Blacks giocata a San Siro: era, appunto, il 14 novembre 2009.

Per la prima volta, San Siro, la Scala del calcio, ospitò una partita di rugby, e lo fece davvero in grande stile: oltre 80.000 spettatori provenienti da ogni parte d’Italia per vivere un vero Evento sportivo e mediatico.

Organizzava RCS, insomma, La Gazzetta dello Sport, che creò attorno alla partita un’attenzione mediatica mai più vista in seguito per l’Italrugby, anche perché si interruppe poi la collaborazione tra la FIR e il colosso editoriale.

Finì 20-6, con l’Italia che fu capace, oltre che di contenere il passivo in un modo mai accaduto nè prima nè dopo, di mettere sotto clamorosamente i Neri in mischia chiusa, non ottenendo però una sacrosanta meta di punizione (che allora si chiamava ancora meta tecnica) che avrebbe potuto svoltare del tutto la partita.

Era ancora un rugby italiano che ci credeva, che aveva molte meno sconfitte sul groppone, che ancora sembrava in grado di restare sul treno di opportunità e crescita portato dall’ingresso nel 6 Nazioni. Un rugby in grado di attirare la gente, di creare entusiasmo, di far intravedere tante buone cose possibili e fattibili, una maglia Azzurra capace di piacere, fino ad arrivare, tre anni dopo, a passare dal Flaminio, ritenuto ormai troppo piccolo, all’Olimpico, per le partite del Torneo.

Ora, dieci anni dopo, ne sembrano passati cento, e non certo in positivo. Dieci anni con una valanga di sconfitte, miliardi di polemiche, milioni spesi senza risultati in cambio, il movimento interno disintegrato insieme ai suoi campionati, un interesse mediatico ed una capacità di crearlo prossimi allo zero.

Il rugby italiano e i suoi tifosi e appassionati, dopo aver resistito fino allo stremo, hanno smesso di sognare, e l’anniversario di questa partita, che riporta alla mente come ci sentivamo invece allora, ce lo ricorda in modo letale.

Ecco, la cosa più grave di questi dieci anni, secondo me, è questa.

A San Siro, quel giorno, io c’ero, con amici di ogni parte d’Italia, con altre 80.000 persone felici di essere lì per partecipare ad un Evento, per tifare, per crederci.

Ci credevamo tanto, ed era bellissimo.

Spizzichi e bocconi, cometa e formaggini: il Mondiale di Rugby 2019 in Italia

La RWC 2019 è iniziata da un giorno e, per la prima volta, in Italia non è possibile vedere in tv tutta la manifestazione: la rai, che sul filo di lana ha acquisito i diritti di trasmissione per il nostro Paese, trasmetterà solo 17 partite in tutto, cioè quelle dell’Italia più pochi altri incontri della prima fase e poi la fase finale.

Il risultato è un Mondiale che in Italia si “sente” ancora meno del solito, una RWC trasmessa a spizzichi e bocconi, pochissimo pubblicizzata dalla stessa rai e non aiutata neppure, e questo non è colpa di nessuno, dal fuso orario giapponese.

Su siti, blog, forum e social, da settimane si inseguono notizie tipo il goal di testa di Zoff e “scusi, chi ha fatto palo?”: quante partite? Dove? E le altre? È infatti notizia solo di oggi, anzi, per la precisione, qualcuno vi si è imbattuto e allora poi è uscita la notizia, che le partite sono tutte visibili in streaming sul sito del torneo.

L’accordo con la rai è stato ufficializzato a pochissimo dall’inizio della manifestazione, si è scoperto che non sarebbero state trasmesse tutte le partite, la promozione dell’evento è ridotta ai minimi termini. Il tutto sommato a voci contrastanti sulla trasmissione in streaming della diretta delle partite sul sito della Rugby World Cup che, forse, avrebbe potuto essere oggetto di una qualche comunicazione ufficiale che avrebbbe dimostrato attenzione verso gli appassionati, e sull’eventuale disponibilità di differite sul sito rai play, cosa non di poco conto visto il fuso orario.

“Piuttosto che niente, meglio piuttosto” si suol dire e, certamente, non vedere niente e rimanere uno dei pochissimi paesi che non hanno acquistato i diritti tv della RWC starebbe stato assai peggio. Però, anche il “piuttosto” forse poteva essere pensato un pochino meglio. Certo, il tempo non è stato molto, visto che i diritti sono stati presi molto tardi.

Il motivo non è difficile da intuire: il rugby in Italia non vende e non si vende. Non fa audience, quindi non porta introiti di pubblicità, quindi nessuno fa la fila per trasmetterlo: viviamo in un’altra galassia rispetto alle altre Union del 6 Nazioni e ci viene ricordato di continuo e in ogni modo.

Il rugby tornato in chiaro sulla rai, però, è stato salutato con favore come possibilità epocale di visibilità per la palla ovale in Italia. Giustissimo, ma con un Mondiale “monco” e zero promozione?

Teniamo pure buono il “piuttosto”, anche se una RWC “monca” fa venire i bruciori di stomaco, ma perché non cercare di ricavarne il massimo?

Certo, si torna a “il rugby in Italia non vende e non rende”, però, visto che qualcosa viene trasmesso, non sarebbe stato un bene per tutti, rai inclusa, investirci qualche soldo per cercare appunto di farselo un minimo rendere? Dopotutto è un Campionato del Mondo e non un torneo delle parrocchie, è un evento sportivo che sarà seguito nel mondo da un numero enorme di persone e che muove milioni e l’Italia partecipa, ma lo fa in un vuoto cosmico di attenzione ed investimenti.

Forse, se l’accordo con la rai fosse stato chiuso con adeguato anticipo e non all’ultimo, le cose avrebbero potuto essere un po’ diverse? Ad esempio, e non so perchè tra tutti i prodotti mi venga in mente proprio questo, avendo saputo con congruo anticipo della visibilità sulla rai, la Galbani avrebbe bussato alla porta della FIR proponendo magari una campagna pubblicitaria con i magneti con le faccine degli Azzurri nelle confezioni dei formaggini Belpaese?

Il cane che si morde la coda ormai sembra essersela mangiata quasi tutta: una Nazionale che perde sempre non ha appeal, non avendo appeal non ha sponsor e visibilità, non vincendo e non avendo visibilità e sponsor non fa da traino per una crescita del movimento, senza crescita del movimento la qualità e il numero dei giocatori formati sono troppo bassi, con numeri e qualità troppo bassi la Nazionale continua a perdere, continuando a perdere non ha appeal, etc etc etc. Insomma, la Fiera dell’Est.

Una RWC 2019 trattata un po’ meglio non avrebbe certamente fatto miracoli ma sarebbe comunque stata probabilmente un’occasione da sfruttare un po’ meglio da parte di tutti.

A noi appassionati rimangono i bruciori di stomaco per tutto quanto elencato ed un velo di tristezza per non riuscire a sentire e a vedere trattato come merita un evento che aspettiamo ogni quattro anni come il passaggio di una cometa.

“L’attesa è il futuro che si presenta a mani vuote”. (Michelangelo)

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Tanti contenuti sulla RWC anche sul sito e sui social dei Pirati del rugby!

Road to RWC: di una strana Italia e della telecronaca su Raidue in un pigro sabato d’agosto

Il primo test match dell’Italrugby in vista del Mondiale, giocato sabato a Dublino contro l’Irlanda, ha sollevato diversi spunti di discussione, non solo relativi alla poco entusiasmante prestazione di una Nazionale inedita.

La partita è stata trasmessa da Raidue, quindi il XV Azzurro è tornato sulla tv di stato. Ottima cosa, da sempre invocata per aiutarne la diffusione, però l’incontro non ha, purtroppo, avuto una grande promozione da parte della rete. Complice anche il fatto che si sia giocato il sabato prima di Ferragosto in pieno pomeriggio, la questione non era agevole e, alla fine, l’audience è stata di 317.000 spettatori (3,10% di share). Tanti? Pochi? “Giusti”?

Spettatori, peraltro, indispettiti, visto che il collegamento è iniziato in ritardo, si sono persi l’Inno di Mameli e parte di “Ireland’s Call” e, non bastasse questo, dopo pochi secondi di gioco è anche partito un mini-spot di Cattolica Assicurazioni, che è il main sponsor e va bene ma, a chi stava guardando la partita e già era contrariato per il collegamento tardivo, questo ha fatto, diciamo, peggiorare ulteriormente l’umore.

Un’altra questione di cui si è parecchio discusso sui social è stata la telecronaca. Raidue l’ha affidata all’aquilano Andrea Fusco insieme al trevigiano Andrea Gritti come commento tecnico. Quest’ultimo, nome e voce piuttosto abituale per chi guarda il rugby in tv anche al di fuori della Nazionale, ne è uscito molto bene, è bravo e competente, preciso ma mai pesante, mentre Fusco, che pure è uno che il mestiere lo conosce ed anche il rugby, è stato piuttosto criticato per il ritmo troppo lento e il tono troppo piatto, che ha contribuito a rendere ancora più noiosa una partita già ben poco entusiasmante.

Insomma, una partita francamente brutta e lenta non ha aiutato il commento che, a sua volta, non ha fatto molto per cercare di renderla un po’ più attraente e meno da sonno, che già il caldo agostano e l’orario da pennichella non aiutavano.

A me, devo dire, non è pesata questa telecronaca: mi sono guardata la partita, ho apprezzato la puntualità e il valore degli interventi di Gritti e ho “usato” Fusco esattamente per quel che lui e il collega stavano facendo, cioè il racconto abbastanza preciso di quel che avveniva in campo.

Qualcuno più esperto, nel dibattito sui social ha fatto notare che Fusco non è certo un novellino delle telecronache ovali, ma qualcun altro del mestiere ha evidenziato di averlo trovato un po’ “arrugginito”. La Rai ora ha da trasmettere gli altri due test pre RWC dell’Italia e poi diverse partite della Coppa del Mondo: vedremo se il ritmo verrà un po’ alzato.

Sui social la questione è venuta fuori partendo prevalentemente da un confronto, ovvero quello tra questa telecronaca e quelli che ormai vengono ampiamente identificati come i narratori della Nazionale di rugby e, per estensione per chi non lo segue e/o non lo guarda molto al di fuori degli Azzurri, del rugby italiano, cioè Antonio Raimondi e Vittorio Munari.

Premessa: io li adoro, li trovo immensamente competenti e simpatici e sicuramente il loro modo di raccontare le partite aiuta a renderle più fruibili anche per chi il rugby lo conosce meno e che quindi, grazie al loro colorito modo di narrare quel che avviene in campo, riesce a seguire quel che accade senza stare troppo a preoccuparsi degli aspetti tecnici e di gioco. Però, lo ammetto, li preferivo a Sky o all’inizio dell’era DMax, quando il loro modo esplosivo di raccontare le partite era in perfetto equilibrio con le spiegazioni tecniche e tattiche, che entrambi sanno dare benissimo e con assoluta competenza.

Detto questo, ieri, davanti a tutto il discutere sulla telecronaca, mi sono chiesta se il modo che piace di più e considerato il migliore per raccontare il rugby al pubblico italico sia uno stile che fa un po’ “sparire” il rugby a favore del colore del racconto e mi sono chiesta inoltre se in questo non ci sia anche un’importante componente di abitudine e, come già detto, di identificazione.

Sarei molto curiosa, infatti, di vedere quali sarebbero le reazioni del pubblico davanti ad incontri degli Azzurri commentati da altri telecronisti ovali che si cimentano ai livelli più alti, ad esempio da uno secondo me bravissimo e preparato come Moreno Molla (Sky), uno lontano anni luce dallo stile di Munari e Raimondi ma non piatto, concentrato sulla partita e con tante nozioni da aggiungere al racconto ma non pedante. Forse per qualcuno sarebbe noioso e piatto? Chissà…!

E per qualcuno saranno noiosi e piatti tutti i telecronisti di Pro14, Top12, Coppe e Championship, alcuni peraltro indubbiamente bravi e piacevoli da sentire, che non direbbero mai “vai vai vai vai velenoooooo!!!”?

Se il buon Fusco sabato prossimo alzerà un po’ il ritmo della sua telecronaca e la Rai ci farà la grazia di non iniziare il collegamento in ritardo, può essere che al duo Antonio & Vittorio fischieranno un po’ meno le orecchie? Lo scopriremo presto!

“Nel Torino entra Baggio, che ovviamente non è il Baggio della Juventus”. (Bruno Pizzul)

P.s. Di questo e di molto altro si parla anche sul sito dei Pirati del rugby!