Da Firenze a Genova: una settimana di magnifico delirio ovale!

Non è facile raccontare la massa di persone, momenti ed emozioni della mia settimana tra sabato 12 e sabato 19 novembre, tra il test match di Firenze e quello di Genova, ma ci provo!

FIRENZE

Una piccola reunion di Camioniste (chi sa, sa!) di rugby.it in occasione di Italia-Australia: un tot di ore di viaggio, poche ore di sonno, una quantità indefinita e indefinibile di calorie ma anche di km a piedi (si compensano!), amicizia, gioia, incontri, una leggerezza assoluta, felicità!

E abbiamo anche vinto! All’ultima meta Aussie stavamo già smadonnando per la sconfitta beffa, e invece… Boooooooom, niente bandierine alzate, un attimo di fiato sospeso sia in campo che fuori, gli Azzurri che iniziano ad esultare e il Franchi che esplode!

Appena salite in tribuna, nell’ordine: 1. Io mi metto a chiamare a gran voce “Morenoooooooo!!!” (Molla di Sky), che era in campo, per salutarlo (e ancora mi prende in giro per la mia magnifica ghirlanda tricolore: non capisco perché!). 2. Vediamo Ongaro e partiamo: “selfie con Ongaro!!!”. 3. In campo per interviste varie ci sono Zanni, Favaro e Ghiraldini e i commenti su Zanni sono irriferibili. 4. Zanni sale in tribuna e ci passa a meno di un metro: “selfie con Zanni!!!!!”. 5. Usciamo dallo stadio per andare verso il villaggio del terzo tempo e… “C’è Pierviiiiiiiii!!!”: saluti, baci, abbracci, complimenti, love, love, love!

Poi si va in centro e, in un bar rigorosamente non da turisti scelto dall’indigena Silvia… “Lara!!!” … “Lara???”… “Lara!!!”, da rugby.it e da Modena with love and surprise!

Non vedevo una partita dell’Italia da semplice spettatrice praticamente da dieci anni e non potevo sceglierne una migliore e neanche compagnia migliore!

SILURI RUGBY CLUB

Dopo Firenze inizia la tirata finale di organizzazione della partita tra Siluri e Cambridge di venerdì 18: il più è fatto, ma i messaggi nelle varie chat sono sempre un fiume in piena, ci sono le ultime cose da definire, imprevisti vari e inevitabili e bisogna pompare ancora di più con la comunicazione per far venire tanta gente. E scrivi e chiama e manda e posta.

GENOVA

Intanto si avvicina anche Italia-Sudafrica e se avessi avuto un euro per tutti quelli che mi hanno chiesto dei biglietti (che non avevo) ora sarei ricca! Nel mentre cercavo di acchiappare un invito per la serata di giovedì 17 dedicata a “Non Puoi Fidarti di Gente Così” e a molto altro: mission accomplished! E meno male, perché è stata una serata semplicemente magnifica: molta Genova, molto rugby, atmosfera perfetta, location stupenda, contenuti, musica, amici, facce note, focaccia e pesto, Calandri, Pastonesi e quel pozzo infinito di storie e storia che è Giorgio Cimbrico. What else?

VENERDÌ 18

Sono in ferie. Mentre al Carlini Bollesan qualcuno già inizia ad allestire, io vado a salutare a Marassi e a vedere Captain’s run e conferenza stampa dell’Italia e Genova apparecchia un cielo azzurro limpidissimo e una temperatura primaverile: benvenuti Azzurri!

Sono belli ‘sti ragazzi: sono giovani, sorridono, sono una squadra, hanno fiducia in se stessi, sono una gioia per gli occhi.

Alla conferenza stampa mi presento a Cristiana Mondo, una donna dal sorriso stupendo e vedova di Lele Remaggi, un giornalista innamorato del rugby, una persona splendida a cui perdono anche l’essere stato un cussino, che ci ha lasciato decisamente troppo presto e che si sarebbe goduto alla grande questo week end genovese dedicato a Marco Bollesan, insieme al quale lui ha scritto la sua autobiografia (leggetela, che ne vale la pena).

Mi trovo nel corridoio degli spogliatoi mentre arriva il Sudafrica e 1. L’obiettiva e massiccia quantità di gnocca nello staff del Sudafrica mi ricorda che ho sbagliato a non studiare fisioterapia o medicina dello sport. 2. Su Etzebeth a un metro di distanza che dice “buongiorno!” preferisco non pronunciarmi e 3. Sono realmente ed assolutamente enormi, tranne il piccolo Faf con il suo look da porno attore tedesco anni ’80 ed il sorriso da bimbo discolo.

Nel mentre, altri messaggi e altri post, attraverso Genova per andare a casa a cambiarmi, riattraverso Genova e vado al Carlini Bollesan, dove c’è già un folto pubblico che tifa a squarciagola per i bambini che si stanno sfidando in un mini torneo tutto genovese (vinceranno gli Orsi delle Province dell’Ovest, primo club di Pierre Bruno).

Scendo sul campo e, come sempre, mi sento come un pesce nell’acqua: il rugby è casa (persino al Carlini!). Emozione, emozioni, musica, Tommy Castello con gli occhi che brillano, si gioca, gli spalti sono pieni, la gente tifa e si diverte e la partita tra Siluri e Cambridge è vera, bella, con tante mete e delle belle giocate: finisce 59-31 per i Siluri, un trionfo! Pubblico in delirio, ragazzi felicissimi e noi tutti orgogliosi, sia della bellissima figura dei ragazzi liguri scesi in campo (due mete cussine, una recchelina, una savonese e il Player of the Match made in Pro Recco) che per la riuscita dell’evento: ce l’abbiamo fatta! Ed è stata raccolta una bella cifra in favore dell’associazione Iron Giò, a cui va tutto il ricavato della serata: missione compiuta!

ITALIA-SUDAFRICA

Genova non regala il sole e il tepore dei giorni precedenti e al test match riserva un cielo grigio e, soprattutto, una tramontana che si fa sentire durante la partita. Tribuna stampa, saluti, due chiacchiere sulla partita del Carlini Bollesan del giorno prima, una grande Italia nel primo tempo, i Campioni del Mondo troppo forti nel secondo, Marassi pieno di oltre 27.000 persone festanti, tra cui praticamente l’intero rugby ligure e persino la Bionda e Heidi!

Prima della partita sono dovuta rimanere per qualche minuto fuori dal bar della tribuna d’onore e alla tv ho visto l’inquadratura di Pierre Bruno in lacrime mentre abbraccia Paolo Ricchebono, il suo primo allenatore, sul campo dello stadio della sua città: la mia immagine di Italia-Sudafrica rimarrà per sempre questa. Invece quella di Pierre rimarrà sicuramente la proposta di matrimonio alla sua fidanzata in mondovisione: auguri!

Adoro andare allo stadio a piedi, incrociare i tifosi, vedere la gente entusiasta e colorata che osserva curiosa una città che non è la sua o, nel mio caso, un quartiere che conosco pochissimo, visto che vivo in una zona piuttosto distante e che non frequento il Ferraris per il calcio. Doppiamente bello vedere i sudafricani, a “n” km da casa, alle prese con le intramontabili cartine degli uffici del turismo, che anche se tutti si usa Maps, si usano sempre anche quelle, che danno sicurezza.

DOMENICA

Dopo dieci ore abbondanti di sonno sono quasi tornata alla vita ma decido di non truccarmi, che è domenica e solo relax, quindi giustamente vicino a Principe trovo Wayne Barnes, mega arbitro mondiale che sabato ha fatto l’assistente e che stava andando a prendere un orrendo regionale per andare verso Monaco, con tanto di smoking nel porta abiti, per partecipare alla serata degli Awards che avrebbe incoronato Capuozzzzz come rivelazione dell’anno. Probabilmente nella foto, oltre a non avere trucco, ho ancora i segni del cuscino sulla faccia.

Grazie al rugby, grazie alle mie amate Camioniste, grazie a Silvia per la stupenda ospitalità a Firenze, grazie ai Siluri, soprattutto a Carlo, Marco e Gigio, per avermi voluta nel team e avermi regalato così un’esperienza faticosa ma bellissima (e un bel bouquet!), grazie a Gianluca Galzerano di FIR che ha organizzato la magnifica serata del giovedì, grazie ad Andrea Cimbrico, a Moreno Molla e a tutti quelli a cui ho rotto le palle per avere un invito alla suddetta serata, grazie ai giornalisti che sono venuti alla partita dei Siluri, grazie a Delinquenti/NPR per l’accredito stampa, grazie ad Alessandro Fusco per la disponibilità e la simpatia nel partecipare alle mie mini-interviste (guarisci presto!), grazie a Genova per essere stata una location semplicemente perfetta per tutto: è stata una settimana delirante ma bellissima!

Detto tutto questo, spendete 16 minuti e mezzo della vostra vita per guardare questo documentario sui giorni genovesi di Siluri e Cambridge e sulla partita, realizzato da Marcello Pastonesi (nipote) con la sua agenzia NICAMA: ne vale la pena! https://vimeo.com/772747545

P.S. Solo per miracolo non sto ancora vagando nel labirinto dei corridoi di Marassi cercando l’uscita.

P.P.S. Mi pare evidente che Zena è pronta per il 6 Nazioni: Marassi the new Flaminio!

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‘Na tazzulella ‘e café con Alessandro Fusco! (3^ puntata)

Alessandro Fusco, napoletano, classe 1999, mediano di mischia delle Zebre e della Nazionale, avrebbe dovuto disputare questi Test Match autunnali ma uno sfortunatisismo infortunio nell’ultima partita di URC l’ha costretto ai box per alcune settimane.

Con Italia-Sudafrica si conclude questa piccola rubrica e non posso che ringraziare Alessandro per la disponibilità e la simpatia.

Poche domande a risposta rapida, come facendo due chiacchiere davanti ad un caffè, con un napoletano DOC!

Partiamo da un classico: che voto dai, da 0 a 10, alla partita dell’Italia e perché?

Questa volta il mio voto è un 6: la sufficienza è sicuramente meritata perché di fronte c’erano i Campioni del Mondo, ma è stata una partita difficile e il punteggio è pesante.

Tre aggettivi per l’Italia di Genova.

Combattiva, unita, stanca.

Il tuo personale “Player of the Match” per l’Italia va a…?

Lorenzo Cannone, un ragazzo che ha dimostrato fin da subito la sua forza e le sue capacità e che oggi, in una partita durissima, ha fatto un enorme lavoro sia in attacco che in difesa.

Quale azione avresti voluto fare tu e perché?

La meta segnata da Lorenzo a metà del secondo tempo, in un momento difficilissimo per l’Italia.

Una frase in napoletano che fotografa bene la partita!

“‘Na jurnata complicat'”

Oggi aggiungiamo un’ultima domanda: come va la spalla?

Sto ancora recuperando ma va meglio: se tutto va bene, tra due o tre settimane sarà a posto.

In bocca al lupo e grazie Ale!

Tommy Castello: Genova, il rugby, il futuro

Tommaso Castello, 31 anni, genovese DOC, un rugbysta, un atleta, un ragazzo per il quale tutti hanno solo parole di elogio che si accompagnano a quelle di rimpianto per una carriera finita con grande sfortuna troppo presto.

Un percorso sportivo iniziato nel CUS Genova, continuato a Calvisano, consolidato alle Zebre e consacrato in Nazionale, fino a quel maledetto 9 marzo 2019 quando, nella partita di 6 Nazioni Italia-Inghilterra, si disintegra caviglia, perone e annessi legamenti, insomma, peggio di così non poteva andare. Nonostante le cure e la volontà, un rientro al rugby giocato non è possibile e così, nel 2021, arriva l’addio ufficiale ai campi.

Ci tenevo ad intervistarlo perchè ho una grande stima di lui e perchè, con l’avvicinarsi del ritorno della Nazionale allo stadio Ferraris di Genova, mi è sembrato quasi d’obbligo. Ne è venuta fuori una chiacchierata con Genova sempre presente, un tuffo nella nuova vita di un un rugbysta, un atleta, un ragazzo.

Tommy, ci sarai a Genova per Italia-Sudafrica?

Non so se riuscirò ad esserci perchè il corso che sto seguendo a Cambridge è molto impegnativo e mi occupa fino al venerdì nel tardo pomeriggio, poi di solito nel week end studio e ora questa è la mia priorità, ma se riuscirò a liberarmi prenderò un aereo anche all’ultimo momento per poterci essere.

Ora vivi in Inghilterra e prima la tua carriera ti ha portato presto in giro per l’Italia: che rapporto hai con la tua città?

Genova per quanto mi riguarda è la città più bella del mondo e ho imparato ad apprezzarla ancora di più quando l’ho dovuta lasciare per inseguire il mio sogno di diventare un rugbysta professionista. E’ la città dove sono nato, dove vivono la mia famiglia e i miei amici e dove conto di tornare a vivere tra qualche tempo.

Sei stato costretto a smettere di giocare troppo presto: come sei riuscito a voltare pagina?

Non è stato facile accettare la fine prematura della mia carriera e ho imparato che la vita ti riserva delle sorprese a volte molto spiacevoli ma ti permette anche di guardare avanti, di chiudere una porta e aprire un portone, come si suol dire: sono riuscito ad essere accettato da un corso aperto a pochi che spero mi potrà portare ad avere le stesse soddisfazioni che ho avuto dal campo di gioco. Le carriere sportive hanno inevitabilmente una fine e a me piace vedere il bicchiere mezzo pieno e pensare che aver dovuto smettere così presto mi ha permesso di avere più tempo da dedicare alla costruzione della mia vita futura.

Quali sono i tuoi progetti per questo futuro?

La mia ambizione è, come ho detto prima, riuscire ad ottenere dalla mia vita le stesse soddisfazioni che mi ha dato il rugby giocato. Sto vivendo in Inghilterra e sto frequentando questo corso, poi mi piacerebbe vivere ancora per alcuni anni all’estero, acquisire competenze ed esperienze che non ho potuto avere dedicandomi alla carriera sportiva ma, al contempo, mettere a frutto i miei punti di forza evidenziati e sviluppati negli anni di rugby. Guardando ancora più in là, spero di poter tornare nella mia Genova.

Definisci te stesso con tre aggettivi.

Tenace, ambizioso e affidabile. Se devo aggiungerne un paio meno lusinghieri direi a volte troppo impaziente e incapace di dedicare attenzione a qualcosa che non mi interessa.

E definisci Genova con tre aggettivi.

Sicuramente unica, nel bene e nel male, discreta, perchè il genovese medio fa dell’understatement un tratto distintivo, infine spettacolare, perchè sia da terra che dal mare è qualcosa di veramente incredibile.

Cosa devono aspettarsi gli Azzurri da uno stadio Ferraris che sarà pienissimo?

Quando ero piccolo il mio sogno era giocare al Ferraris con la maglia del Genoa, ma certo sarei stato altrettanto felice di poterci giocare con la maglia Azzurra. Sono sicuro che ci sarà un ambiente caldissimo come sempre, che la città e i tifosi offriranno un grande sostegno alla squadra e che sarà una grande partita sia in campo che sugli spalti.

Fai un augurio ai tuoi amici ed ex compagni.

Ragazzi, vi auguro di mettercela tutta, che è la cosa più importante nella vita e nel nostro sport, so che lo farete e che avrete la cornice ideale per fare una partita che potrebbe passare alla storia. Vi invidio, ovviamente in maniera positiva, ma soprattutto vi sostengo, vi penserò e vi faccio un grande “in bocca al lupo!”.

I giovani, i campi, le scuole, Pierre Bruno: una chiacchierata con Paolo Ricchebono

Vivo nello stesso quartiere genovese di Paolo Ricchebono e non so neanche esattamente perchè io abbia aspettato così tanto a farmi quattro chiacchiere con lui. L’occasione è arrivata quando nella redazione di “Ovalmente” si è parlato di Pierre Bruno, del suo esordio in Nazionale con annessa meta, della sua provenienza e formazione. “Io abito nel quartiere del suo primo allenatore: lo sento e vediamo cosa ci racconta!”.

Dunque, eccoci qui. Paolo Ricchebono, classe 1965, genovese di ponente, diplomato al nautico e in procinto di partite per l’accademia di Livorno quando invece si è intromesso il rugby nei suoi progetti di vita: “Avevo diciotto anni, giocavo a rugby solo da un paio di stagioni ma ero stato convocato in Nazionale U19 e, grazie a Loris Salsi, genovese che giocava nell’Amatori Milano e che era anche allenatore della selezione ligure giovanile, mi venne proposto un colloquio con Marco Bollesan, allenatore dell’Amatori e così, esattamente il giorno seguente al mio esame di maturità, mi chiamò poi il Presidente della società per dirmi che mi volevano da loro. Dopo un paio di stagioni come Amatori Milano arrivò il gruppo Fininvest e diventammo così Mediolanum e poi Milan: Fabio Capello venne mandato da Silvio Berlusconi a Madrid a studiare come funzionava la polisportiva del Real, al suo ritorno nacque quella del Milan e lui ne diventò il Direttore Sportivo fino a quando non diventò allenatore del Milan calcio, in sostituzione di Arrigo Sacchi che diventò CT della Nazionale. Negli anni arrivarono risultati importanti, tra cui quattro scudetti per noi del rugby”.

Digressione: si è parlato inevitabilmente anche del volley ed è stato bellissimo per me ripercorrere quegli anni in cui, ragazzina, giocavo a pallavolo in provincia di Bergamo, avevo la maglia numero 10 perchè amavo Jeff Stork e andavo al Forum di Assago e al Palalido a vedere le partite della Mediolanum di Zorzi, Lucchetta, Stork, Galli. Lo sport è una cosa bella.

Torniamo a Paolo: “Dopo quattordici anni a Milano, il mio percorso da giocatore si concluse con una brevissima parentesi nel CUS Genova, dove stava allenando Marco Bollesan, per me quasi un secondo padre. Dopo mi sono dedicato per sei anni allo sci a livello master agonistico, che mi è servito per sentire meno la mancanza del rugby e delle mille emozioni della competizione e dello sport. Nel frattempo stavo frequentando l’ISEF e così sono entrato in una scuola elementare di Sestri [Ponente, il quartiere genovese dove viviamo sia Paolo che io (ndr)] per tenere dei corsi di educazione motoria e di avviamento allo sport e mi venne in mente di proporre anche il rugby, iniziando con un gruppo di bambini nati nel 1997, e così nacquero gli “Orsi” delle Province dell’Ovest. Un paio d’anni dopo cominciai a lavorare anche con alcuni ragazzi del ’96 e, tra loro, c’era anche Pierre Bruno”.

“Ero in una seconda media e chiesi ai ragazzi se qualcuno volesse partecipare ad un allenamento degli Orsi, Pierre alzò la mano, venne a provare e, da allora, non ha più smesso. Con lui c’era un altro bel gruppo di giocatori con i quali abbiamo fatto tante esperienze, perchè allora potevo dedicarmi solo a loro, che erano la mia unica categoria: li portavo anche a Padova ad allenarsi con il Petrarca, li ho portati ad un evento giovanile a Lione dove i giocatori della Prima Squadra erano sugli spalti e dovevano appuntarsi i prospetti più interessanti e segnalarono anche sei dei nostri, tra cui Pierre. Madre natura con lui è stata particolarmente generosa: gli ha dato talento, velocità, coraggio e grinta”.

Gli anni nel Milan si sono riaffacciati poche settimane fa quando, a Parma, è stato ricordato ad un anno dalla scomparsa Massimo “Mouse” Cuttitta: “Lo abbiamo ricordato con un torneo U13 al quale abbiamo partecipato anche noi dalla Liguria con una squadra composta da giocatori delle Province dell’Ovest, di Cogoleto e di Recco. Ai tempi di Milano io mi contendevo la maglia numero 11 con suo fratello Marcello ma, con lui come concorrente, mi accontentavo volentieri anche della 14”.

In Liguria e a Genova, paradigma di ogni luogo con difficoltà di spazio, mezzi e logistica, è particolarmente pesante il problema degli impianti dove poter giocare: “Le Province dell’Ovest esistono da quindici anni e ancora non abbiamo un nostro campo: ci alleniamo al Campo Sportivo Branega [nel territorio del quartiere ponentino di Genova Prà (ndr)], che gestiamo insieme alla GSD Olympic 1971, su un terreno di gioco non idoneo per gli incontri ufficiali, poichè è da calcio a nove e dunque è piccolo, e per disputare le partite siamo costretti ogni anno a elemosinare campi dove poter giocare, chiedendo la disponibilità ad altre società di rugby o di calcio e pagando quanto ci viene chiesto, finendo anche per dover chiamare “casa” campi lontani parecchi kilometri, per due anni persino Rocca Grimalda, in provincia di Alessandria, a 60 km da Genova, quindi eravamo più vicini quando giocavamo in trasferta. Dobbiamo ringraziare le famiglie dei ragazzi per la disponibilità e la dedizione, senza le quali sarebbe impossibile riuscire a schierare le nostre squadre. Il rapporto con le società di calcio è molto difficile, perchè se hanno il sintetico non vogliono sentir parlare di doppia tracciatura e dunque non vogliono condividere il campo con noi: condividiamo il campo con l’Olympic per allenarci grazie alla collaborazione e al buonsenso di entrambe le dirigenze”.

Quale è stato il percorso di Pierre Bruno? Sentiamo un po’: “L’ultima volta che ho rivisto Pierre è stato poche settimane fa a Parma, per l’evento U13 in memoria di “Mouse”: siamo sempre in contatto, io seguo da vicino la sua carriera e lui è molto legato e riconoscente alla sua prima società. Pensa che in Accademia non lo volevano, perchè era troppo basso per quelli che erano considerati i parametri accettabili, abbiamo fatto di tutto per convincere chi di dovere a dargli una possibilità e, alla fine, ce l’abbiamo fatta. Diciamo che lui è stato un successo anche per questo, per l’aver messo in discussione questi parametri e diciamo anche che a dare il colpo di grazia, speriamo, poi è arrivato anche Capuozzo. Ho discusso molte volte del famigerato “progetto altezza” anche con Diego Dominguez, mio ex compagno di squadra e noto gigante”.

Ricchebono come educatore ed allenatore di rugby nasce sotto l’ala e l’influenza di George Coste, che lo manda da Pierre Villepreux in Francia, dove va ormai ogni estate da quindici anni per i suoi stage: da qui nasce una filosofia dell’allenare per insegnare ma, al contempo, dell’allenare per continuare ad imparare.

Una volta aperta la porta, impossibile non proseguire sull’argomento della formazione dei giovani ruggers italiani: “Sicuramente si dovrebbe dare più spazio ai ragazzi in formazione, che non sono solo quelli che lottano per entrare nel sistema delle accademie: un ragazzo non può mollare a sedici anni perchè è già rimasto escluso, ma è proprio il momento in cui deve crescere e continuare ad impegnarsi. Per far questo, è assolutamente indispensabile investire sulla formazione dei tecnici nei club e questo dovrebbe essere un grande obiettivo da porsi, in modo che cresca il livello della formazione all’interno dei club ed allargando dunque esponenzialmente il numero dei ragazzi che possono avere accesso ad un percorso di crescita di livello. Qui si pone certamente un grosso problema di risorse economiche, perchè il discorso si basa su dei tecnici che abbiano tante ore da dedicare al lavoro in campo e dunque che ne facciano la loro professione principale: per questo credo che il nuovo corso federale che ha stabilito che ci saranno dieci club sparsi sul territorio nazionale che faranno da centri di formazione sia potenzialmente buona, se verrà avviata e costruita nel modo giusto. Accanto a questo, servirebbe in tutte le regioni un’attività continua di raduni per le diverse annate, a cui far partecipare tutti i ragazzi che ne abbiano voglia, in modo che loro abbiano continui stimoli ad impegnarsi e i tecnici possano sempre vederli e valutarli: in Liguria lo stiamo facendo e ne vado molto fiero. Torno però al punto dolente del grosso investimento economico che andrebbe fatto sui tecnici: se li tratti e consideri come dei dilettanti, avrai risultati da dilettanti, nonostante tutte le capacità e l’impegno che uno ci può mettere nel tempo limitato che può dedicare a quella che per lui non è un’attività svolta come professione Le risorse economiche danno la possibilità ad un tecnico di formarsi per poi formare”.

Tutto sbagliato e tutto da rifare? Non proprio, ma…: “I cambiamenti aiutano sempre: sfrutti le cose buone che hai ereditato e cerchi di modificare quello che ritieni non vada bene, non tutto è da buttare ma tante cose sono da cambiare e ora c’è la possibilità di poter fare un gran lavoro”.

(Nota: questo articolo è pubblicato anche su https://www.nprugby.it/)

(Foto di Paolo Ricchebono: Pierre Bruno all’ingresso in Accademia)

Pioggia, divano, rugby, rugby, rugby!

Sabato 13 novembre, mentre fuori pioveva e mezza Genova era allagata, io ho passato un tot di ore sul divano a godermi tre partite del secondo turno di Autumn Nations Series: Italia-Argentina, Irlanda-Nuova Zelanda e Inghilterra-Australia.

Con me sul divano c’erano i miei gatti, ovvero Artù, Nerone e la principessa Nika, mentre in collegamento da altri divani sparsi per l’Italia c’erano, come di consueto, i membri della pregiatissima giuria TGMS.

ITALIA -ARGENTINA (16-37)

Quella che doveva essere la prima prova del nove per la nuova Italia di Crowley, considerando giustamente poco attendibile il test contro gli All Blacks, si è rivelata purtroppo molto deludente e ha dato nuovamente l’impressione di un’Italrugby specializzata nel passo del gambero: un passetto avanti e poi subito un paio di passi indietro. Nessuno si aspettava miracoli e nessuno si illudeva che ventisette minuti sullo 0-0 contro una Nuova Zelanda in formazione inventata di sana pianta significassero un miracolo ma ci si aspettava di vedere anche a Treviso almeno la stessa “garra” e la stessa efficacia in difesa. Invece gli Azzurri hanno fornito una prestazione scialba e piena di errori e gli argentini hanno piazzato un quasi quarantello quasi senza sudare e senza fare niente di trascendentale.

Si tende spesso ad affiancare Italia ed Argentina, due Paesi lontani ma accomunati dalla latinità ed anche dal “sangue” visto il gran numero di argentini di origine italiana, oltre che legati dal punto di vista ovale dal gran numero di giocatori “albicelesti” che da sempre giocano in Italia e anche in maglia Azzurra. In realtà, le due nazionali di rugby sono lontane anni luce: le separano sei posizioni nel ranking (8 vs 14) ma anche un andamento decisamente diverso nel corso degli ultimi anni.

Nonostante le enormi difficoltà economiche e sociali del Paese, il rugby argentino continua a progredire e a sfornare giocatori di qualità che, dopo la fine dell’esperienza dei Jaguares, sono tornati a fare la fortuna dei principali club europei. Un sistema basato sui club, a cui gli argentini sono legati in modo viscerale, e il rispetto e la valorizzazione del rugby riescono a creare e mantenere un eccellente movimento, nonostante le tante difficoltà.

Proprio da uno dei grandi club francesi arriva Marcos Kremer, un gigante che, dal momento in cui ha segnato contro l’Italia, ha immediatamente colpito la giuria: “Ci ispira crema al pistacchio e passito di Pantelleria, con i suoi sentori di frutti a polpa gialla e miele. Il giovinotto è nato a Concordia, città al confine con l’Uruguay: nomen, omen e infatti ci ha messo tutte d’accordo!”.

Un grande abbraccio allo sfortunatissimo pilone Azzurro Marco Riccioni che ha lasciato il legamento crociato del suo ginocchio sinistro sul campo di Treviso: in bocca al lupo per la guarigione!

IRLANDA-NUOVA ZELANDA (29-20)

Una partita di rugby assolutamente STELLARE tra la numero 5 e la numero 1 del ranking IRB. L’Irlanda non ha sbagliato niente, così come il buon (e bon) arbitro Luke Pierce, già ampiamente apprezzato dalla giuria al 6 Nazioni.

Questa partita finisce dritta negli annali e non solo perchè ogni sconfitta degli All Blacks è un evento: i Verdi hanno dato vita ad una prestazione strepitosa, mostrando di non essersi affatto fatti intimorire dalla Kapa O Pango a loro dedicata dagli avversari. E se gli hanno fatto la Kapa O Pango voleva già dire che gli AB non erano poi molto tranquilli!

Incontrare l’Irlanda al 6 Nazioni sarà una vera goduria… Ma andiamo oltre e preoccupiamoci di questo quando sarà il momento!

Partita meravigliosa e bei soggetti in campo, tra i quali la giuria ha di fatto selezionato… due neozelandesi! Nel senso che James Lowe, ala dell’Irlanda, è in realtà un Maori nato a Nelson che ha scelto di essere eleggibile altrove e ha anche segnato una meta fondamentale proprio contro i suoi compaesani. “Sciolgo le trecce ai cavalli…”: la chioma di Lowe, sciolta subito dopo la marcatura, ha stecchito all’istante la giuria, che cn lui dividerebbe un tortino dal cuore caldo di cioccolato fondente ricoperto di cioccolato bianco fuso. Ci si beve sopra un Erbaluce di Caluso passito DOCG, che sa di erbe aromatiche e mandorla.

Per quanto riguarda gli All Blacks siamo andate su un classico intramontabile: il maturo, fortissimo e fascinosissimo mediano di mischia TJ Perenara, votato ancora prima di toccare palla, mentre guidava la Haka di Dublino. Per lui abbiamo subito puntato su un esotismo caliente con un chutney piccante di mango che la nostra esperta sommelier ha abbinato con un vino nientemeno che dallo stato di Washington, “un riesling morbidissimo ma con una forte acidità, note di idrocarburi e fiori di sambuco appassiti. Insomma, sa di benzina, come TJ quando gioca o conduce la Haka!”.

INGHILTERRA-AUSTRALIA (32-15)

Partita non esaltante e seguita un po’ distrattamente ma apprezzata quel tanto che basta per far esclamare a parte della giuria che “tornando ai tronchi di pino, Eng-Aus è un bosco!”. Molti muscoli e fascino da surfisti per gli Aussie, molti muscoli e relative maglie bianche super stretch per i giocatori della Rosa.

Mentre scrivo, domenica 14 novembre, è in corso Galles-Fiji, è appena finito il primo tempo, il Galles sta faticando decisamente troppo e a noi non poteva sfuggire l’arbitro australiano Nic berry, peraltro abbinato al sempre votatissimo arbitro Ben O’Keeffee, al quale il primo si rivolge come se fosse un suo personale TMO. Con loro c’è anche il giovane e promettente fischietto italiano Gianluca Gnecchi, scelto per questo importante appuntamento internazionale: bravo!

Anche questa settimana non possiamo esimerci dall’inserire un “fuori campo”: dopo Damiano dei Maneskin in Gucci white tocca ora a Matteo Berrettini, uno dei maschi italici più belli del creato, che ha oscurato il sole quando è comparso alla presentazione delle ATP Finals. Lui lo abbiniamo ad una crema spalmabile alla nocciola con pepite di sale grosso, insomma una nutella molto gourmet e di classe, proprio come lui. Per quanto riguarda il vino “è talmente fuori gara che gli dedichiamo un’intera zona di produzione: il Priorat, a sud di Barcellona, suolo vulcanico di quarzo e argilla nera, difficile da coltivare ma che dà vini potenti ed elegantissimi che sono unici, come il buon Matteo”.

Quanta bella gioventù! E zio Nole là dietro che ghigna e sta pensando che li stende ancora tutti!

P.S. Il week end ovale era iniziato venerdì sera con la diretta del “derby d’Italia” Petrarca Padova vs Rovigo, che a Raisport probabilmente ancora credono sia stato Padova-Treviso.