Da Firenze a Genova: una settimana di magnifico delirio ovale!

Non è facile raccontare la massa di persone, momenti ed emozioni della mia settimana tra sabato 12 e sabato 19 novembre, tra il test match di Firenze e quello di Genova, ma ci provo!

FIRENZE

Una piccola reunion di Camioniste (chi sa, sa!) di rugby.it in occasione di Italia-Australia: un tot di ore di viaggio, poche ore di sonno, una quantità indefinita e indefinibile di calorie ma anche di km a piedi (si compensano!), amicizia, gioia, incontri, una leggerezza assoluta, felicità!

E abbiamo anche vinto! All’ultima meta Aussie stavamo già smadonnando per la sconfitta beffa, e invece… Boooooooom, niente bandierine alzate, un attimo di fiato sospeso sia in campo che fuori, gli Azzurri che iniziano ad esultare e il Franchi che esplode!

Appena salite in tribuna, nell’ordine: 1. Io mi metto a chiamare a gran voce “Morenoooooooo!!!” (Molla di Sky), che era in campo, per salutarlo (e ancora mi prende in giro per la mia magnifica ghirlanda tricolore: non capisco perché!). 2. Vediamo Ongaro e partiamo: “selfie con Ongaro!!!”. 3. In campo per interviste varie ci sono Zanni, Favaro e Ghiraldini e i commenti su Zanni sono irriferibili. 4. Zanni sale in tribuna e ci passa a meno di un metro: “selfie con Zanni!!!!!”. 5. Usciamo dallo stadio per andare verso il villaggio del terzo tempo e… “C’è Pierviiiiiiiii!!!”: saluti, baci, abbracci, complimenti, love, love, love!

Poi si va in centro e, in un bar rigorosamente non da turisti scelto dall’indigena Silvia… “Lara!!!” … “Lara???”… “Lara!!!”, da rugby.it e da Modena with love and surprise!

Non vedevo una partita dell’Italia da semplice spettatrice praticamente da dieci anni e non potevo sceglierne una migliore e neanche compagnia migliore!

SILURI RUGBY CLUB

Dopo Firenze inizia la tirata finale di organizzazione della partita tra Siluri e Cambridge di venerdì 18: il più è fatto, ma i messaggi nelle varie chat sono sempre un fiume in piena, ci sono le ultime cose da definire, imprevisti vari e inevitabili e bisogna pompare ancora di più con la comunicazione per far venire tanta gente. E scrivi e chiama e manda e posta.

GENOVA

Intanto si avvicina anche Italia-Sudafrica e se avessi avuto un euro per tutti quelli che mi hanno chiesto dei biglietti (che non avevo) ora sarei ricca! Nel mentre cercavo di acchiappare un invito per la serata di giovedì 17 dedicata a “Non Puoi Fidarti di Gente Così” e a molto altro: mission accomplished! E meno male, perché è stata una serata semplicemente magnifica: molta Genova, molto rugby, atmosfera perfetta, location stupenda, contenuti, musica, amici, facce note, focaccia e pesto, Calandri, Pastonesi e quel pozzo infinito di storie e storia che è Giorgio Cimbrico. What else?

VENERDÌ 18

Sono in ferie. Mentre al Carlini Bollesan qualcuno già inizia ad allestire, io vado a salutare a Marassi e a vedere Captain’s run e conferenza stampa dell’Italia e Genova apparecchia un cielo azzurro limpidissimo e una temperatura primaverile: benvenuti Azzurri!

Sono belli ‘sti ragazzi: sono giovani, sorridono, sono una squadra, hanno fiducia in se stessi, sono una gioia per gli occhi.

Alla conferenza stampa mi presento a Cristiana Mondo, una donna dal sorriso stupendo e vedova di Lele Remaggi, un giornalista innamorato del rugby, una persona splendida a cui perdono anche l’essere stato un cussino, che ci ha lasciato decisamente troppo presto e che si sarebbe goduto alla grande questo week end genovese dedicato a Marco Bollesan, insieme al quale lui ha scritto la sua autobiografia (leggetela, che ne vale la pena).

Mi trovo nel corridoio degli spogliatoi mentre arriva il Sudafrica e 1. L’obiettiva e massiccia quantità di gnocca nello staff del Sudafrica mi ricorda che ho sbagliato a non studiare fisioterapia o medicina dello sport. 2. Su Etzebeth a un metro di distanza che dice “buongiorno!” preferisco non pronunciarmi e 3. Sono realmente ed assolutamente enormi, tranne il piccolo Faf con il suo look da porno attore tedesco anni ’80 ed il sorriso da bimbo discolo.

Nel mentre, altri messaggi e altri post, attraverso Genova per andare a casa a cambiarmi, riattraverso Genova e vado al Carlini Bollesan, dove c’è già un folto pubblico che tifa a squarciagola per i bambini che si stanno sfidando in un mini torneo tutto genovese (vinceranno gli Orsi delle Province dell’Ovest, primo club di Pierre Bruno).

Scendo sul campo e, come sempre, mi sento come un pesce nell’acqua: il rugby è casa (persino al Carlini!). Emozione, emozioni, musica, Tommy Castello con gli occhi che brillano, si gioca, gli spalti sono pieni, la gente tifa e si diverte e la partita tra Siluri e Cambridge è vera, bella, con tante mete e delle belle giocate: finisce 59-31 per i Siluri, un trionfo! Pubblico in delirio, ragazzi felicissimi e noi tutti orgogliosi, sia della bellissima figura dei ragazzi liguri scesi in campo (due mete cussine, una recchelina, una savonese e il Player of the Match made in Pro Recco) che per la riuscita dell’evento: ce l’abbiamo fatta! Ed è stata raccolta una bella cifra in favore dell’associazione Iron Giò, a cui va tutto il ricavato della serata: missione compiuta!

ITALIA-SUDAFRICA

Genova non regala il sole e il tepore dei giorni precedenti e al test match riserva un cielo grigio e, soprattutto, una tramontana che si fa sentire durante la partita. Tribuna stampa, saluti, due chiacchiere sulla partita del Carlini Bollesan del giorno prima, una grande Italia nel primo tempo, i Campioni del Mondo troppo forti nel secondo, Marassi pieno di oltre 27.000 persone festanti, tra cui praticamente l’intero rugby ligure e persino la Bionda e Heidi!

Prima della partita sono dovuta rimanere per qualche minuto fuori dal bar della tribuna d’onore e alla tv ho visto l’inquadratura di Pierre Bruno in lacrime mentre abbraccia Paolo Ricchebono, il suo primo allenatore, sul campo dello stadio della sua città: la mia immagine di Italia-Sudafrica rimarrà per sempre questa. Invece quella di Pierre rimarrà sicuramente la proposta di matrimonio alla sua fidanzata in mondovisione: auguri!

Adoro andare allo stadio a piedi, incrociare i tifosi, vedere la gente entusiasta e colorata che osserva curiosa una città che non è la sua o, nel mio caso, un quartiere che conosco pochissimo, visto che vivo in una zona piuttosto distante e che non frequento il Ferraris per il calcio. Doppiamente bello vedere i sudafricani, a “n” km da casa, alle prese con le intramontabili cartine degli uffici del turismo, che anche se tutti si usa Maps, si usano sempre anche quelle, che danno sicurezza.

DOMENICA

Dopo dieci ore abbondanti di sonno sono quasi tornata alla vita ma decido di non truccarmi, che è domenica e solo relax, quindi giustamente vicino a Principe trovo Wayne Barnes, mega arbitro mondiale che sabato ha fatto l’assistente e che stava andando a prendere un orrendo regionale per andare verso Monaco, con tanto di smoking nel porta abiti, per partecipare alla serata degli Awards che avrebbe incoronato Capuozzzzz come rivelazione dell’anno. Probabilmente nella foto, oltre a non avere trucco, ho ancora i segni del cuscino sulla faccia.

Grazie al rugby, grazie alle mie amate Camioniste, grazie a Silvia per la stupenda ospitalità a Firenze, grazie ai Siluri, soprattutto a Carlo, Marco e Gigio, per avermi voluta nel team e avermi regalato così un’esperienza faticosa ma bellissima (e un bel bouquet!), grazie a Gianluca Galzerano di FIR che ha organizzato la magnifica serata del giovedì, grazie ad Andrea Cimbrico, a Moreno Molla e a tutti quelli a cui ho rotto le palle per avere un invito alla suddetta serata, grazie ai giornalisti che sono venuti alla partita dei Siluri, grazie a Delinquenti/NPR per l’accredito stampa, grazie ad Alessandro Fusco per la disponibilità e la simpatia nel partecipare alle mie mini-interviste (guarisci presto!), grazie a Genova per essere stata una location semplicemente perfetta per tutto: è stata una settimana delirante ma bellissima!

Detto tutto questo, spendete 16 minuti e mezzo della vostra vita per guardare questo documentario sui giorni genovesi di Siluri e Cambridge e sulla partita, realizzato da Marcello Pastonesi (nipote) con la sua agenzia NICAMA: ne vale la pena! https://vimeo.com/772747545

P.S. Solo per miracolo non sto ancora vagando nel labirinto dei corridoi di Marassi cercando l’uscita.

P.P.S. Mi pare evidente che Zena è pronta per il 6 Nazioni: Marassi the new Flaminio!

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Week end lungo a NY? Oh yeah!

Possono uscire fuori molte cose da una chiacchierata tra amiche durante una passeggiata primaverile di domenica pomeriggio, tra cui l’idea di un week end lungo da qualche parte, dopo più di due anni senza grandi viaggi. Da qualche parte, ma dove? Ma a New York, ovviamente!

Quindi, Emy e Babi tutte soddisfatte decidono che il fine settimana lungo di San Giovanni (che è Santo Patrono di Genova e nel 2022 cade di venerdì, il 24 giugno) è perfetto e si fanno fare un preventivo, con tutte le assicurazioni del mondo per mettersi al riparo da epidemie, guerre e qualsiasi altro possibile imprevisto o sciagura.

Lo diciamo anche a quell’altra? Ma non vorrà venire… E invece Heidi, contro ogni pronostico, si unisce al gruppo, decidendo di sfidare per una volta i grattacieli invece delle vette alpine! E quindi siamo in tre, un nuovo preventivo e via, si prenota!

Il risultato è stato un volo di andata il giovedì mattina (diretto Delta da Malpensa) e un volo di ritorno la domenica sera dal JFK (diretto operato da ITA) e quindi tre notti nella Grande Mela, in un albergo centralissimo per ottimizzare il poco tempo.

Quindi un week end lungo a New York si può fare? Assolutamente sì, anche se praticamente tutti ci hanno preso per matte per così pochi giorni oltreoceano! E’ ovvio che abbiamo visto e fatto un infinitesimo di quello che si può vedere e fare a NYC ma va anche detto che comunque per fare tutto non basterebbero neanche mesi.

Io sono una grande fan dell’app “Get Your Guide” che anche stavolta è stata utilissima per prenotare diverse attività in un attimo e tutte rimborsabili fino al giorno prima: con poco tempo a disposizione abbiamo dovuto scremare, decidere e programmare e siamo partite con già in mano un minimo di piano d’azione.

Giovedì: dopo volo in ritardo, un’ora di immigration e più di un’ora di taxi causa traffico monstre, abbiamo fatto i nostri primi tredici km newyorkesi a piedi e, nel Greenwich Village, abbiamo fatto il pellegrinaggio al portone di casa di Carrie Bradshaw. N.B. durante il volo di andata mi ero riguardata sia il film di “Sex and the City” che “Il diavolo veste Prada”, giusto per entrare nell’atmosfera giusta. Di ritorno verso l’albergo (in taxi, dopo un primo test di “chiamata con la manina”, con tassista di origini italiane e figlioletto di nome Vincenzo) io e la Bionda (Babi) abbiamo portato Heidi a prendersi il primo schiaffo di luci, gente e macello a Times Square: difficile spiegarlo a chi non c’è mai stato, ma è proprio uno schiaffo!

Venerdì: avevamo la prenotazione per l’ascensore supersonico del nuovissimo grattacielo One Vanderbilt e relativa esperienza panoramica e multisensoriale ai piani 91, 92 e 93. Solo che il jet lag ci ha fatto uscire dall’albergo prima delle galline, mentre in giro c’erano giusto i camion della spazzatura, a stelle e strisce anche loro, e così ci siamo messe a passeggiare verso Rockefeller Center, Trump Tower e Central Park, in un’esplosione di arcobaleni per il mese del Pride. Inutile dire che il panorama dal grattacielo è pazzesco e idem l’ascensore, che fa 91 piani in tipo venti secondi: hanno pensato l’esperienza perchè sia diversa rispetto ai classici Empire State Building e Top of the Rock e quindi largo a specchi, trasparenze e palloncini argentati, il tutto circondato da una vista strepitosa a 360 gradi.

Sempre venerdì: uno dei capisaldi quando abbiamo pensato alle cose da fare era stato fin da subito il musical a Broadway e quindi eccoci al Neil Simon Theatre per “MJ”, il nuovo musical sulla carriera di Michael Jackson: livello ovviamente stellare! Prima di andare a teatro abbiamo provato l’ebrezza di essere rimbalzate da un ristorante alle 18.15: ci toccherà tornare di nuovo da quelle parti per provare la cucina di John’s, dove Babi era stata nella sua prima volta a NY.

Sabato: il jet lag insiste e quindi di nuovo a spasso presto: manina taxi ormai pro su una Fifth Avenue praticamente deserta e via verso Lower Manhattan, per macinare kilometri anche lungo il Brooklyn Bridge. Caldo niente male e maps ci ha poi anche fatto fare un giro dell’oca dentro Chinatown per raggiungere lo sperduto molo da cui partiva la nostra crocierina fotografica verso Lady Liberty, in mezzo a barche arcobaleno. Affamate e cotte (e fregate da un tassista che si è fatto furbo) siamo andate alla ricerca di cibo vicino al nostro appuntamento successivo: il museo/memoriale dell’11 settembre.

Qui ci vuole un capitolo a parte, sia sul nostro pranzetto molto Sex and the City da “Sant Ambroeus” (che non oso immaginare come venga pronunciato dagli indigeni), che per il museo “9/11”. Al ristorante storico di Milano, che non sapevo avesse anche due succursali nella Big Apple, tavolo ombreggiato vista nuovo World Trade Center, negozi di Gucci e Zegna accanto, caro ma qualitativamente alto e, evviva evviva, un signor espresso, tanto che dopo la visita al memoriale ci siamo tornate di nuovo: tre tossiche in astinenza da caffeina! Il museo dell’11 settembre è semplicemente straordinario: non era facile farlo davvero bene, con tutte le sue emozioni e implicazioni, ma ci sono riusciti. E’ ricordo, narrazione, scoperta, emozione, costruito esattamente dove tutto è successo.

Come chiudere l’ultima (di già???) giornata nella Grande Mela? Io e la Bionda prima di partire avevamo preso in mano la situazione e prenotato online un tavolo per un aperitivo su un rooftop bar vista Empire State Building: il “Top of the Strand”, sul tetto di uno dei tanti Marriott, al 21° piano. Prosecchino con panorama unico, temperatura perfetta, ambiente super e musica eccellente: ci stava alla grande!

Domenica: il volo è alla sera, quindi c’è tempo per andare ancora un po’ in giro e macinare altri km a piedi (alla fine saranno una settantina, in quattro giorni scarsi). Stavolta ci dividiamo: Babi torna verso Macy’s e a sbirciare i preparativi per la partenza del corteo finale del Pride, invece io e Heidi andiamo a passeggiare nel verde a Central Park, tra scoiattoli nutriti dalle mani, un tot di cani bellissimi e una corsa con una marea di iscritti che, come ci ha spiegato un toscano ormai trapiantato là che faceva il volontario, fa parte di quelle che, sommate, danno la possibilità di avere un pettorale per la maratona. Ci riuniamo per un pranzo tipicamente americano, in uno di quei locali vagamente retrò con i tavoli con le panche e i divisori tra uno e l’altro, le salse sui tavoli e i menù giganteschi (come le porzioni). E il caffè? Babi al mattino aveva scoperto un espresso niente male in un chiosco di Bryant Park: fa caldo, il sole splende, il parco è magnifico e pieno di gente ed il caffè in effetti è più che decente! Bottarella di malinconia e poi albergo, bagagli, taxi, aeroporto e via, si vola verso casa.

Per me si è così conclusa la quarta e sicuramente non ultima visita nella sempre vibrante e unica Grande Mela, la seconda (e altrettanto sicuramente non ultima) per la Bionda e la prima, e molto probabilmente ultima, per Heidi, che ha approfittato dell’occasione per visitare una città lontana anni luce da quello che le piace e dalle vacanze che ama fare, ma che molto difficilmente ci cascherà di nuovo (altrimenti che Heidi sarebbe?)!

Il feticcio del week end sono state sicuramente le ciabatte pelose arcobaleno nella vetrina del negozio Hugg, che faceva angolo con la Street dell’hotel e ci è servito da subito come punto di riferimento: non abbiamo avuto il coraggio di comprarle ma le abbiamo amate molto, soprattutto la Bionda!

Goodbye New York, alla prossima!

Pioggia, divano, rugby, rugby, rugby!

Sabato 13 novembre, mentre fuori pioveva e mezza Genova era allagata, io ho passato un tot di ore sul divano a godermi tre partite del secondo turno di Autumn Nations Series: Italia-Argentina, Irlanda-Nuova Zelanda e Inghilterra-Australia.

Con me sul divano c’erano i miei gatti, ovvero Artù, Nerone e la principessa Nika, mentre in collegamento da altri divani sparsi per l’Italia c’erano, come di consueto, i membri della pregiatissima giuria TGMS.

ITALIA -ARGENTINA (16-37)

Quella che doveva essere la prima prova del nove per la nuova Italia di Crowley, considerando giustamente poco attendibile il test contro gli All Blacks, si è rivelata purtroppo molto deludente e ha dato nuovamente l’impressione di un’Italrugby specializzata nel passo del gambero: un passetto avanti e poi subito un paio di passi indietro. Nessuno si aspettava miracoli e nessuno si illudeva che ventisette minuti sullo 0-0 contro una Nuova Zelanda in formazione inventata di sana pianta significassero un miracolo ma ci si aspettava di vedere anche a Treviso almeno la stessa “garra” e la stessa efficacia in difesa. Invece gli Azzurri hanno fornito una prestazione scialba e piena di errori e gli argentini hanno piazzato un quasi quarantello quasi senza sudare e senza fare niente di trascendentale.

Si tende spesso ad affiancare Italia ed Argentina, due Paesi lontani ma accomunati dalla latinità ed anche dal “sangue” visto il gran numero di argentini di origine italiana, oltre che legati dal punto di vista ovale dal gran numero di giocatori “albicelesti” che da sempre giocano in Italia e anche in maglia Azzurra. In realtà, le due nazionali di rugby sono lontane anni luce: le separano sei posizioni nel ranking (8 vs 14) ma anche un andamento decisamente diverso nel corso degli ultimi anni.

Nonostante le enormi difficoltà economiche e sociali del Paese, il rugby argentino continua a progredire e a sfornare giocatori di qualità che, dopo la fine dell’esperienza dei Jaguares, sono tornati a fare la fortuna dei principali club europei. Un sistema basato sui club, a cui gli argentini sono legati in modo viscerale, e il rispetto e la valorizzazione del rugby riescono a creare e mantenere un eccellente movimento, nonostante le tante difficoltà.

Proprio da uno dei grandi club francesi arriva Marcos Kremer, un gigante che, dal momento in cui ha segnato contro l’Italia, ha immediatamente colpito la giuria: “Ci ispira crema al pistacchio e passito di Pantelleria, con i suoi sentori di frutti a polpa gialla e miele. Il giovinotto è nato a Concordia, città al confine con l’Uruguay: nomen, omen e infatti ci ha messo tutte d’accordo!”.

Un grande abbraccio allo sfortunatissimo pilone Azzurro Marco Riccioni che ha lasciato il legamento crociato del suo ginocchio sinistro sul campo di Treviso: in bocca al lupo per la guarigione!

IRLANDA-NUOVA ZELANDA (29-20)

Una partita di rugby assolutamente STELLARE tra la numero 5 e la numero 1 del ranking IRB. L’Irlanda non ha sbagliato niente, così come il buon (e bon) arbitro Luke Pierce, già ampiamente apprezzato dalla giuria al 6 Nazioni.

Questa partita finisce dritta negli annali e non solo perchè ogni sconfitta degli All Blacks è un evento: i Verdi hanno dato vita ad una prestazione strepitosa, mostrando di non essersi affatto fatti intimorire dalla Kapa O Pango a loro dedicata dagli avversari. E se gli hanno fatto la Kapa O Pango voleva già dire che gli AB non erano poi molto tranquilli!

Incontrare l’Irlanda al 6 Nazioni sarà una vera goduria… Ma andiamo oltre e preoccupiamoci di questo quando sarà il momento!

Partita meravigliosa e bei soggetti in campo, tra i quali la giuria ha di fatto selezionato… due neozelandesi! Nel senso che James Lowe, ala dell’Irlanda, è in realtà un Maori nato a Nelson che ha scelto di essere eleggibile altrove e ha anche segnato una meta fondamentale proprio contro i suoi compaesani. “Sciolgo le trecce ai cavalli…”: la chioma di Lowe, sciolta subito dopo la marcatura, ha stecchito all’istante la giuria, che cn lui dividerebbe un tortino dal cuore caldo di cioccolato fondente ricoperto di cioccolato bianco fuso. Ci si beve sopra un Erbaluce di Caluso passito DOCG, che sa di erbe aromatiche e mandorla.

Per quanto riguarda gli All Blacks siamo andate su un classico intramontabile: il maturo, fortissimo e fascinosissimo mediano di mischia TJ Perenara, votato ancora prima di toccare palla, mentre guidava la Haka di Dublino. Per lui abbiamo subito puntato su un esotismo caliente con un chutney piccante di mango che la nostra esperta sommelier ha abbinato con un vino nientemeno che dallo stato di Washington, “un riesling morbidissimo ma con una forte acidità, note di idrocarburi e fiori di sambuco appassiti. Insomma, sa di benzina, come TJ quando gioca o conduce la Haka!”.

INGHILTERRA-AUSTRALIA (32-15)

Partita non esaltante e seguita un po’ distrattamente ma apprezzata quel tanto che basta per far esclamare a parte della giuria che “tornando ai tronchi di pino, Eng-Aus è un bosco!”. Molti muscoli e fascino da surfisti per gli Aussie, molti muscoli e relative maglie bianche super stretch per i giocatori della Rosa.

Mentre scrivo, domenica 14 novembre, è in corso Galles-Fiji, è appena finito il primo tempo, il Galles sta faticando decisamente troppo e a noi non poteva sfuggire l’arbitro australiano Nic berry, peraltro abbinato al sempre votatissimo arbitro Ben O’Keeffee, al quale il primo si rivolge come se fosse un suo personale TMO. Con loro c’è anche il giovane e promettente fischietto italiano Gianluca Gnecchi, scelto per questo importante appuntamento internazionale: bravo!

Anche questa settimana non possiamo esimerci dall’inserire un “fuori campo”: dopo Damiano dei Maneskin in Gucci white tocca ora a Matteo Berrettini, uno dei maschi italici più belli del creato, che ha oscurato il sole quando è comparso alla presentazione delle ATP Finals. Lui lo abbiniamo ad una crema spalmabile alla nocciola con pepite di sale grosso, insomma una nutella molto gourmet e di classe, proprio come lui. Per quanto riguarda il vino “è talmente fuori gara che gli dedichiamo un’intera zona di produzione: il Priorat, a sud di Barcellona, suolo vulcanico di quarzo e argilla nera, difficile da coltivare ma che dà vini potenti ed elegantissimi che sono unici, come il buon Matteo”.

Quanta bella gioventù! E zio Nole là dietro che ghigna e sta pensando che li stende ancora tutti!

P.S. Il week end ovale era iniziato venerdì sera con la diretta del “derby d’Italia” Petrarca Padova vs Rovigo, che a Raisport probabilmente ancora credono sia stato Padova-Treviso.

ITA-NZL: di rugby, fame e dessert.

Sabato 6 novembre 2021, Stadio Olimpico di Roma, prima partita dell’Italrugby nella tradizionale finestra internazionale autunnale e ritorno degli All Blacks a Roma dopo quasi tre anni (24 novembre 2018: 3-66).

Si torna allo stadio ma la pandemia non è ancora finita, però è bello lo stesso, anche se per giornalisti e fotografi significa una notevole fame, non di mete ma proprio di cibo: niente buffet della stampa ma neanche un panino e chi non si è organizzato si è nutrito appunto solo di mete!

Per la prima volta ho chiesto e ottenuto un accredito stampa a nome di questo mio piccolo blog e ne sono molto felice!

Mentre in campo si giocava, sull’asse Olimpico-divani la pregiata giuria TGMS non si risparmiava e non poteva fare a meno di notare l’arbitro, l’inglese Mr Karl Dickson, maturo e rude al punto giusto, eccellente nel riempire la sua maglia e in pasticceria abbinato ad un sontuoso profitterol: cioccolato deciso e forte ma con il cuore di chantilly dove affondare. Ci beviamo sopra un rosolio oppure un Whisky torbato delle isole Ebridi, misterioso, potente e avvolgente.

Ma l’occhio della giuria è vigile e mobile e si sposta anche fuori dal campo: un’apparizione di Giamba Venditti che avrebbe steso chiunque ha evocato un bel quadretto di cioccolato nero fondente, accompagnato con salsina ai frutti di bosco. Lo si degusta con un Porto Amontillado, intrigante sensuale e da meditazione, oppure con un caliente rum di Barbados.

Ancora più fuori dal campo, ma non ci siamo potute esimere, fragoline e champagne su Damiano dei Maneskin in bianco Gucci, comparso su IG giusto nei giorni precedenti alla partita. Dopotutto è romano e la partita è a Roma: ed ecco qua! (Cit. “Il Mio Grosso Grasso Matrimonio Greco”)

Intanto in campo l’Italrugby faceva qualcosa di quasi miracoloso tenendo il risultato bloccato sullo 0-0 per ben ventisette minuti, nei quali gli All Blacks hanno perso in avanti più palloni che nel corso di tutto l’anno. Chiuso il primo tempo sul 6-21, le telecamere durante l’intervallo immortalavano gli Azzurri stremati nello spogliatoio.

Inostri ragazzi sono tornati comunque in campo con il piglio giusto e, difendendo senza risparmiarsi, sono riusciti ancora ad arginare la marea nera, a dire il vero oggi più in versione chiazza di benzina sull’asfalto: bravi e quasi eroici gli Azzurri, mentre gli All Blacks, in formazione sperimentale e forse troppo convinti di fare la scampagnata, sono sembrati anche un po’ stanchi, ormai a fine stagione e dopo diversi mesi lontani da casa.

Insomma, alla fine gli AB hanno fatto il compitino e hanno piazzato un quasi cinquantello tranquillo (9-47), senza brillare. Per l’Italia sicuramente buone notizie in difesa, nonostante il punteggio (sembra paradossale ma non lo è) e la necessità di giocare con la stessa grinta anche le prossime due partite dell’Autumn Nations Series, contro Argentina e Uruguay: dopo un tot di partite di vero e assoluto sconforto, una sconfitta come quella di oggi sembra quasi carina.

Un’ultima menzione la merita l’osceno taglio di capelli anni ’80 di diversi All Blacks, che sembrano dei Michael Knight modificati in laboratorio, incrociati con turisti tedeschi in vacanza a Lignano.

Sullo sfondo del tutto, voglia e gioia di normalità e vita, amicizie e sorrisi, saluti e racconti, ventuno mesi dopo Italia-Scozia del 6N 2020, pochi giorni prima che il mondo cambiasse.

Il mio ritorno in palestra: atlete per caso e calzini dimenticati

3 settembre 2019: primo giorno di… scuola? No! Di lavoro? No! Primo giorno della ripresa della palestra!

Ho un rapporto tutto mio con la palestra e il fitness. Ho giocato per tanti anni a pallavolo e ho sempre identificato il fare sport con discipline agonistiche, l’allenamento come preparazione ad una partita, una gara. Quindi, non ho mai considerato “andare in palestra” come “fare sport”.

Questo finché non mi sono imbattuta nelle mie due guru del fitness, Roberta e Antonella. Due Donne con tanti muscoli ma ancora più cuore e cervello che sono state in grado di farmi continuare ad andare in palestra dopo che non ci volevo più mettere piede quando sono rimasta per giorni praticamente invalida dopo aver provato la mia prima lezione di pump con la Anto, nella prima sera in palestra della mia vita: “questa è matta: io qui non ci vengo mai più!!!”. Ma avevo già pagato e, soprattutto, nonostante mi avesse resa inabile anche ad usare coltello e forchetta, oltre che a camminare, scendere dal letto e sedermi sul water, quella pazza mi era piaciuta tanto, così come “l’altra”, di cui avrei provato i corsi non appena di nuovo in grado di muovermi.

Da quella tragica sera sono passati ormai un po’ di anni e tante cose sono cambiate: Roby e Anto hanno aperto la loro palestra, identica a loro, cioè un po’ folle e piena di cuore e cervello, con una filosofia di allenamento (ora lo penso!) e benessere che hanno avuto la forza ed il coraggio di portare avanti anche se è molto meno commerciale di altre.

I loro corsi, oltre ad aiutarmi ad avere una forma fisica decente e a combattere una lotta costante vs forza di gravità, anni che passano e passione per la buona tavola e per le patatine, negli anni mi hanno permesso di incontrare e conoscere Donne pazzesche, di fare gruppo con altre “atlete per caso” come me, che si fanno il mazzo, si impegnano a fare le cose bene per tenersi in forma, ma nello spogliatoio parlano di ricette, aperitivi e cene da fare (beh, non solo di questo, a dire il vero, ma anche di questo…!).

Alcune sono diventate mie amiche speciali, una anche una compagna di bellissimi viaggi, la maestra sono riuscita a portarla nell’universo Pro Recco Rugby, altre sono Donne simpatiche e toste che, se frequentano quella palestra, è perché ci somigliano, a quel posto che è per molti ma non per tutti (cit.).

Detto tutto questo, stamattina mi sono ricordata la borsa, preparata dopo un mese di pausa, tipo la cartella di scuola dopo l’estate, ma non di metterci anche i calzini: chi ben comincia…!

Buon anno di allenamenti a tutte le atletone DOP, quelle che vanno in palestra motivate dal provare a restare decentemente in forma senza dover rinunciare a mangiare e bere!

“Sono entrato in palestra. Mi hanno dato da compilare un modulo per l’iscrizione. Mi è venuto il fiatone”. (Daniele Luttazzi)