Dica 33… La Serie A 2022/2023

Dietro a questa involontaria rima c’è la grande novità della Serie A di rugby per la nuova stagione: l’aumento del numero delle squadre a ben trentatre.

Da ventiquattro squadre la Serie A era stata portata a trenta e ora addirittura a trentatre: non solo si è aumentato nuovamente il numero dei club partecipanti ma si è arrivati persino a volere tre gironi dispari, quando di solito questa è una condizione che si cerca di evitare.

Dunque, tre gironi territoriali da undici squadre ciascuno: Nord-Ovest, Nord-Est e Centro-Sud.

In effetti si intuiva che c’era qualcosa di strano quando, a conti fatti, al termine della stagione 2021/2022, priva di retrocessioni, con la promozione del CUS Torino in Top10, il ritiro di Udine e le quattro promozioni dalla B, le squadre si erano ritrovate ad essere trentuno. Al momento di ufficializzare le iscrizioni la FIR ha comunicato il ripescaggio di altre due squadre dalla Serie B: dica trentatre.

Personalmente, oltre ad essere assolutamente contraria a questo trend, mi rendo conto che diventa anche sempre più difficile pensare ad una nuova futura riduzione delle squadre, per tornare (magari…) alle ventiquattro squadre che, suddivise in A1 e A2, davano vita al campionato cadetto più bello ed interessante: come le tagli la bellezza di nove squadre? Fai un’annata in cui le falci? Blocchi le promozioni dalla B? Le fai calare nell’arco di più stagioni (ma abbiamo tutto questo tempo?)?

E dire che sembrava già poco felice la soluzione “via di mezzo” tra territoriale (prima fase) e non territoriale (seconda fase) di qualche stagione fa, con ventiquattro squadre divise in quattro gironi geografici: a pensarci adesso, era un Eden!

A chi serve una Serie A a trentatre squadre su base territoriale? Poi hai voglia a dire che c’è troppa differenza tra la A e il Top10: c’era un gap evidente anche quando avevamo la A1 a dodici squadre e si pensava di ridurlo facendo una A a trentatre?

Qualcuno mi deve spiegare in modo convincente che progetto c’è dietro a questo andazzo, perché mi piace credere che dietro ad ogni decisione ci sia un progetto e mi interessa moltissimo capire quello che sta dietro alla progressiva e inesorabile uccisione della nostra Serie A.

(Questo articolo è pubblicato anche su NPR/Delinquenti Prestati al Mondo della Palla Ovale e sulla rivista “Ovalmente”)

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E’ finita la Serie A, evviva la Serie A: il perfetto CUS Torino, un po’ di Liguria e i quattro nuovi arrivi

Il campionato di rugby di Serie A 2021/2022 ha emesso il suo unico verdetto di stagione: l’Itinera CUS Torino è la squadra promossa nel Peroni Top10. I piemontesi ci sono arrivati dopo una cavalcata letteralmente trionfale: imbattuti dalla prima giornata fino allo scontro finale per la promozione, con 18 vittorie su 18 partite disputate (16 nella stagione regolare e 2 nella fase finale) e le statistiche migliori di tutti e tre i gironi del campionato cadetto.

I ragazzi di coach D’Angelo si sono giocati una vera e propria finale sul campo dell’Unione Rugby Capitolina, terzo atto del particolare mini-girone che costituisce ora i play off di Serie A: vi hanno partecipato le tre squadre vincitrici del rispettivo campionato territoriale, ovvero CUS Torino (girone 1, Nord-Ovest), Valsugana (girone 2, Nord-Est) e Capitolina (girone 3, Centro-Sud). Nella prima giornata di questa particolare fase finale, il 22 maggio, Torino aveva superato in casa Valsugana con il punteggio di 32-17 (5-0), nel secondo turno, domenica 29 maggio, i padovani hanno rimediato una seconda sconfitta, questa volta sul loro campo, con un 17-20 in favore dell’URC (1-4), creando così i presupposti per un’ultima giornata equivalente ad una vera finale tra le due squadre che li hanno saputi battere.

Si è arrivati così a domenica 5 giugno, con il bell’impianto di via Flaminia gremito dai tifosi di entrambe le squadre. Il risultato finale ed un estratto del tabellino della partita che mostra la sequenza delle marcature dicono molto chiaramente che la partita avrà creato qualche problema ai deboli di cuore e che le due contendenti se la sono giocata davvero fino all’ultimo respiro:

UR Capitolina v CUS Torino 25-29
Marcatori: primo tempo: 3’ cp. Romano (3-0); 9’ cp. Romano (6-0); 17’ cp. Romano (9-0); 21’ meta di punizione Torino (9-7); 37’ m. Innocenti t. Romano (16-7); secondo tempo: 3’ cp. Reeves G. (16-10); 8’ cp. Reeves G. (16-13); 13’ cp. Reeves G. (16-16); 18’ cp Reeves G. (16-19); 20’ cp. Romano (19-19); 28’ cp. Romano (22-19); 32’ cp. Reeves G. (22-22); 34’ cp. Romano (25-22); 39’ mt. Civita t. Reeves G. (25-29).

Alla base di questa realtà c’è naturalmente il CUS della città della Mole e il Presidente Riccardo D’Elicio è un fiume in piena di entusiasmo e orgoglio: “Ho visto la partita in streaming, è stata bellissima e ha vinto la squadra che ci ha messo quel pizzico di voglia di vincere e determinazione in più. Abbiamo il rugby da settant’anni, cinquecento tesserati e siamo fierissimi di questi ragazzi ed anche delle ragazze, che sono arrivate quarte in Serie A. La nostra vittoria più grande è permettere ai ragazzi e alle ragazze che fanno sport di non dover smettere perchè vengono a Torino a studiare ma, anzi, di aiutarli a fare al meglio entrambe le cose”.

Uno degli artefici della grande stagione del CUS Torino è sicuramente l’allenatore argentino (di Rosario), Lucas D’Angelo (che ha esordito con un “Ciao Emy, scusa il ritardo ma fermarci a Roma ieri sera, come puoi immaginare, è stato “interessante”):

Lucas, subito una domanda “secca”: perchè a Roma avete vinto voi?

Credo che abbiamo vinto grazie alla mentalità che tutti i miei giocatori hanno saputo costruirsi lungo tutta la stagione e che si è vista chiaramente già nella partita contro Valsugana, quando siamo stati sia sotto nel punteggio che sotto grande pressione riuscendo poi a ricominciare a fare il nostro gioco dinamico e a tutto campo, che ci ha fruttato anche il miglior attacco di tutta la Serie A, e a ribaltare il risultato e vincere la partita.

Come hai visto la Capitolina, a cui avete fatto davvero un brutto scherzo davanti al pubblico di casa?

La Capitolina è una bellissima squadra e ho detto al loro allenatore che hanno uno stile di gioco in cui mi identifico molto, con ragazzi in grado di giocare con grande intensità fisica e concentrazione: credo sia la squadra più simile alla mia tra tutte quelle che abbiamo incontrato in questa stagione.

Quali sono stati gli aspetti e i meriti principali che vi hanno permesso di portare avanti e a compimento questa stagione letteralmente perfetta?

Senz’altro il fattore umano interno alla squadra: i nostri giocatori non sono i più forti in assoluto nel loro ruolo e credo che se si facesse un “XV” ideale del campionato ce ne sarebbero forse due o tre, ma tutti i ragazzi sono funzionali alla squadra e si completano ed integrano alla perfezione e ci hanno permesso così di costruire non solo il nostro gioco ma l’intera stagione, un allenamento dopo l’altro e una partita dopo l’altra.

Qual è il punto fondamentale di questa stagione da cui partire e su cui iniziare a costruire il vostro prossimo campionato di Top10?

Sicuramente la ricostruzione del gruppo, perchè noi cambiamo ogni anno circa il 25-30% dei giocatori, tra chi conclude il suo percorso universitario, chi lascia Torino dopo gli studi e chi entra in Prima Squadra dal settore giovanile: dovremo riamalgamare il gruppo e riuscire a portare la squadra ad un livello superiore sia sul piano fisico che tecnico, come richiesto dal nuovo torneo che ci aspetta.

Forse in pochi ricordano che Lucas D’Angelo iniziò la sua carriera italiana come giocatore prima del CUS Genova e poi della Pro Recco, per approdare poi in Piemonte e mettere radici lì, prima ad Asti e poi a Torino, dove ricopre il ruolo di Head Coach ed anche di Director of Rugby.

Nel CUS Torino c’è anche un altro pezzettino di Liguria, che è molto caro a chi scrive: il terza linea Davide Ciotoli, dalla Riviera di Levante, classe 1996 e già una lunga carriera alle spalle, iniziata a Recco quando era poco più che un bambino proseguita in giro per l’Italia tra accademie e massimo campionato, un ritorno a Recco con un paio di stagioni di vertice ed una finale di Serie A persa e poi l’università a Torino, il CUS e ora questa promozione in Top10.

“Riuscire a vincere una finale è un’emozione stupenda e me ne rendo conto doppiamente dopo aver vissuto a Recco gli anni di vertice e le finali perse, quel sogno che non si riusciva mai a raggiungere per un soffio. Appena è finita la partita a Roma, uno dei miei primi pensieri è andato proprio alla Pro Recco ed è come se portassi in Top10 anche un po’ di Pro Recco Rugby e alla famiglia recchelina dedico sicuramente una parte di questa vittoria, così come alla Liguria, la mia terra, a cui sono legatissimo. Ripenso spesso alla finale persa contro Reggio Emilia (stagione 2015/2016, ndr), so come ci si sente ed infatti capisco benissimo come stanno adesso i giocatori della Capitolina, a cui faccio tantissimi auguri per il futuro. Il mio augurio più grande però va sempre al Recco, perchè so che questo momento difficile è solo una fase di transizione e che lo straordinario modo di lavorare di un club dove nulla è regalato ma tutto è conquistato farà tornare la società nella posizione che merita. E’ pazzesco quello che sto vivendo in questo momento, devo ancora realizzarlo appieno e spero di rifarlo con la Pro Recco”.

E qui, scusate, ma a chi scrive scende una lacrima.

Salutato il CUS Torino, la Serie A 2022/2023 vedrà ai nastri di partenza quattro nuove squadre, promosse dalla Serie B: CUS Milano, Patavium (Rubano e Selvazzano, provincia di Padova), Rugby Parma e Primavera (Roma). La Capitale si troverà quindi con ben tre squadre nel campionato cadetto: la Lazio, retrocessa dal Top10, la Capitolina, che ha fallito la promozione e appunto la Primavera, ritornata in A dopo qualche stagione, mentre Milano ritroverà un derby, con il neopromosso CUS che raggiunge l’ASR.

(Nota: questo articolo è pubblicato anche su https://www.nprugby.it/)

(Foto di Nicolò Canestrelli, si ringrazia Itinera CUS Torino)

C’era una volta… la Serie A

Nelle ultime due settimane sono successe due cose che mi hanno riportato alla mente la vecchia Serie A e quanto ne sento la mancanza.

La prima è stata una chiacchierata via teams con Davide (Macor), nella quale abbiamo parlato di vari temi legati al rugby, tra cui, appunto, anche i campionati italiani.

La seconda è stata la triste notizia della rinuncia alla Serie A da parte della Rugby Udine Union FVG: un campionato e mezzo non disputati più l’ultimo lungo stop durante quello in corso stanno presentando il conto a tutti e, per alcuni, è salatissimo.

Davide, peraltro, è proprio udinese, quindi, già con lui durante quella chiacchierata, avevo ricordato un episodio che riguarda una trasferta dei bianconeri a Recco e che ora racconto con ancora più piacere, augurando all’Udine di tornare il prima possibile in Serie A.

Correva l’anno… dunque… è passato un secolo… ecco, era il campionato 2009/2010 (la storia sul sito Pro Recco Rugby mi è venuta in soccorso!), la Serie A era composta da ventiquattro squadre divise in due gironi da dodici secondo un criterio casuale. Era però stato deciso che, nella stagione successiva, la formula sarebbe cambiata, con i due gironi che sarebbero diventati “A1” e “A2” e, per la suddivisione, avrebbe fatto fede il piazzamento della stagione precedente: le prime sei di ciascun girone in A1, le altre in A2.

In una delle ultime giornate toccava proprio a Udine venire a giocare a Recco una partita che valeva come uno spareggio per il sesto posto, visto che le due squadre erano fino a quel punto appaiate lì a metà classifica. Vinse Udine ma, la cosa che ricordo di più, sono i meravigliosi tifosi friulani, arrivati a Recco in massa nonostante la distanza (cinquecento e fischia km) e dotati di una sirena antiaerea a manovella, giusto per non farsi per niente sentire!

Per la cronaca, alla fine la Pro Recco, arrivata settima, fu ripescata per il ritiro di una squadra e andò comunque in A1. Grazie a questo, io ho avuto la possibilità di vivere in prima persona quella nuova formula della Serie A che, a posteriori, ritengo senza ombra di dubbio la migliore, con un campionato cadetto di ottimo livello, vero torneo di formazione per i giovani, bello da vedere per gli spettatori e da giocare per gli atleti.

Dalla A1 si retrocedeva in A2 e da lì in B. In realtà, dalla A1 si poteva anche malauguratamente retrocedere direttamente in B e dalla A2 si poteva sulla carta anche andare direttamente in Top10 (chiamiamolo così per comodità, anche se non ricordo se allora si chiamava così o “Eccellenza”) e questo faceva sì che non ci si potesse mai adagiare: chi lottava per tentare la promozione non poteva distrarsi e alla fine doveva passare, per raggiungere la finale, da una semifinale di andata e ritorno da girone dantesco e chi doveva cercare di salvarsi doveva tenere il coltello tra i denti dalla prima all’ultima giornata.

Quella formula aveva mille punti a favore e uno solo a sfavore, che è stato quello che ne ha decretato troppo frettolosamente la fine.

I gironi meritocratici implicavano che, come del resto si era sempre fatto, si andasse a giocare in tutta Italia, ed era bellissimo, nonostante alcune trasferte fossero da mettersi davvero le mani nei capelli; si andava a Benevento, che dal nord è un viaggio quasi intercontinentale, si andava in Sicilia, si andava più volte a Roma, si andava ovunque e, naturalmente, si andava “n” volte in Veneto. Trasferte lunghe, fatica, ma la bellezza di misurarsi con tante squadre diverse e con un ottimo livello generale, dovendo sempre dimostrare qualcosa e giocare per qualcosa.

Così, un bel giorno, qualcuno si accorse che la Serie A costava di trasferte ben più del Top10, solo che le squadre avevano meno entrate e non prendevano un centesimo dalla Federazione che, invece, ogni anno elargisce una discreta somma ad ognuna delle società del massimo campionato.

Come è stata risolta la questione? Non provando a dare un supporto alle squadre ma rivoluzionando la formula del campionato, trasformandola da meritocratica a territoriale e frammentando le ventiquattro squadre in quattro gironi da sei, con due fasi che facevano sì che, dopo aver incontrato le altre cinque squadre del proprio girone, si finiva poi ad incrociarsi con quelle di un altro, in poule promozione oppure retrocessione, a seconda del piazzamento nella prima fase.

Questa formula era, in pratica, una sorta di via di mezzo: la prima fase vicino casa e la seconda allargando un po’ l’orizzonte geografico. A posteriori, sappiamo che non era poi così disprezzabile, visto quello che abbiamo avuto dopo.

Con una mossa sciagurata, la Serie A è stata allargata a trenta squadre e resa totalmente territoriale, con tre gironi da dieci: nord-ovest, nord-est e centro-sud, con le squadre sarde messe ad anni alterni a nord-ovest o al centro per via dei collegamenti e l’Accademia piazzata in barba alla geografia. I gironi non si incrociano mai tra loro se non per play off e play out.

Il livello e l’interesse del campionato cadetto sono così precipitati vertiginosamente, disintegrando progressivamente un torneo prima di grande interesse e potenzialità.

Una volta portato a termine questo campionato ancora pesantemente segnato dagli effetti devastanti degli anni di covid e saggiamente impostato senza retrocessioni, sarebbe d’obbligo ripensare la formula e vedere la Serie A come un buon investimento per la crescita e la formazione di giocatori italiani.

Personalmente credo che si dovrebbe tornare ai due gironi di A1 e A2 da dodici squadre ciascuno per poi, in un futuro più lontano, valutare un unico girone da dodici, se volessimo davvero ripensare in chiave qualitativa la filiera tra campionato cadetto e massimo campionato in termini di qualità e potenzialità.

Naturalmente questo implica una totale revisione dei campionati italiani che, al netto delle chiacchiere, andrà prima o poi fatta, se non vogliamo continuare ad andare avanti a tastoni e strappi nella formazione e nella crescita di giocatori di livello e ad avere attrattiva e interesse pari a “zerovirgola”.

Nell’immediato, mi accontenterei anche di una revisione della visualizzazione della sezione campionati e classifiche del sito FIR, perchè la parte della Serie A è praticamente una caccia al tesoro!

(Nota: questo articolo è pubblicato anche su https://www.nprugby.it/)

Just another manic rugby saturday!

Il mio sabato 5 ottobre è stato quanto di più ovale si possa immaginare e fotografa benissimo quella che è la mia “vita da rugby”, che include livelli diversissimi tra loro: se mi è possibile, io guardo praticamente tutto il rugby che mi capita a tiro!

Quindi, ieri mattina mi sono guardata su Rai Sport Inghilterra-Argentina (39-10), la partita che ha tolto ai biancocelesti ogni residua speranza di passare il turno alla RWC. Argentini sempre combattivi ma, per quasi tutta la partita in 14 a causa di uno sciagurato fallo di Lavanini (vi ricorda qualcosa?), nulla hanno potuto contro gli inglesi, forse mai così sicuri di sé stessi. In un girone con Inghilterra, Argentina e Francia, parevano essere i Bleus, reduci da un quadriennio molto difficile, la squadra destinata a non proseguire il cammino ma, battendo nella prima partita proprio l’Argentina, i francesi hanno messo subito in tasca punti pesantissimi, tolti proprio agli avversari diretti.

Nel primo pomeriggio il mio sabato è proseguito a Recco, con un clima più adatto alla spiaggia che al rugby: dalla RWC ad un test precampionato di Serie A! Pro Recco Rugby-VII Torinese (16-5, per la cronaca), entrambe inserite nel girone 1 del campionato cadetto (come molti sanno, la Serie A nel rugby italiano è il secondo campionato nazionale e non il primo): partita “calda”, qualche scambio di opinioni, agonismo, alcune belle azioni, certamente indicazioni utili per i coach, che era lo scopo dell’incontro.

Io adoro guardare il rugby italiano, sia dal vivo che in tv. Non ha il livello dei campionati francesi, inglesi etc? Lo so benissimo, ed infatti non lo guardo con gli occhi foderati da questa idea: lo guardo per quello che è e mi piace farlo, perché amo guardare il rugby e, dirò di più, a volte guardo più volentieri una di queste partite piuttosto che altre ben più “nobili”.

Non c’era Top12 in streaming, anche perché non è ancora iniziato, e le partite di Coppa Italia non erano trasmesse ma, a dire il vero, questo è l’unico torneo italiano che non mi interessa mai guardare: troppo un doppione del campionato e troppo formulato male. Opinione mia, ci mancherebbe!

Quindi, dopo essere tornata da Recco, ho acceso il tablet e mi sono guardata Zebre (sconfitte 28-52, a Parma, contro i Dragons, che non vincevano fuori casa da 45 turni) e Benetton (Leoni sconfitti 41-5 sul campo del Connacht) su DAZN. A posteriori, due spettacoli che mi sarei anche potuta risparmiare ma, come già detto, mi piace guardare rugby italiano e quindi me le sono viste entrambe, nonostante i risultati ben poco positivi (eufemismo).
Such a rugby saturday!
“RISSA? I RUGBISTI NON FANNO RISSE, MA CERCANO SOLTANTO DI CONOSCERSI PIÙ DA VICINO”

TODD JULIAN BLACKADDER

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Tanti contenuti su RWC e rugby italano sul sito dei Pirati del rugby!

Giocatori che mi piacciono: Bastien “Bast” Agniel

Nell’agosto del 2011, un ragazzo francese non ancora ventitreenne arrivò, dopo un viaggio di 600 km, a Recco, in provincia di Genova, sulla riviera di Levante. Era partito, in macchina, da Grane, piccolo paesino nel dipartimento della Drôme, regione Rhône Alpes, per affrontare la sua nuova esperienza da giocatore di rugby, la prima in Italia.

“Sono salito in macchina e ho pensato ‘ma dove cazzo sto andando???'”.

Mediano di apertura, il ragazzo, fin da subito, si era messo di grande impegno per imparare il più in fretta possibile l’italiano ed integrarsi al meglio e presto: avremmo capito in breve tempo che, il francesino, aveva la testa dura e tenacia da vendere.

Ricordo ancora la sera del raduno e del primo allenamento di quell’anno: era l’inizio della seconda stagione biancoceleste nell’allora A1, dopo il 7° posto di quella precedente, in panchina era arrivato Claudio “Morsa” Ceppolino, il gruppo era acerbo ma pieno zeppo di talenti pronti ad esplodere. Quel campionato finirà con un 6° posto e il nuovo numero 10 francese fece subito vedere che sapeva giocare e calciare molto molto bene.

Dopo la breve “rincorsa”, inizieranno gli anni del “tornado” Pro Recco Rugby: la vittoria della A1, i primi play off e la prima finale della storia nel campionato 2012/2013, ancora play off in quello 2013/2014, altre due finali nel 2015 e nel 2016. Con la maglia numero 10 c’è sempre quel francesino arrivato da Grane che, ormai, lo ha capito dove stava andando.

Miglior giocatore della serie A1 2012/2013, un numero spaventoso di punti a stagione (sempre attorno ai 200), un piede magnifico, un giocatore generoso, competitivo (“deve avere qualcosa in palio anche quando facciamo qualche gioco stupido in club house!”, dirà l’attuale coach Cal McLean), un vero esempio e leader dentro e fuori dal campo, che diventerà capitano nel 2014 e lo resterà sempre, diventando per tutti “Le Capitaine”.

Ogni anno, la paura di vederselo portare via ma, nel campionato “di sopra”, nessuno ha mai creduto davvero in lui: ritenuto non abbastanza grosso? Chissà. Comunque, scarsa lungimiranza loro e fortuna della Pro Recco Rugby, che si è goduta il ragazzo, diventato nel frattempo un uomo ed un campione, per la bellezza di otto stagioni.

Auguro a chiunque di trovare un giocatore come Bast, lo auguro a qualunque squadra e società ed anche a qualsiasi addetto stampa: un Professionista magnifico, un rugbysta appassionato, un perfezionista che si conta i punti e sempre pronto a segnalare imprecisioni. Su dodici stagioni da “Detta” stampa del Recco, otto le ho condivise con lui e so solo io quante volte ho ricontato punti!!!

Quando ho postato l’annuncio del suo addio a Recco e all’Italia sono arrivati tantissimi commenti, anche da una marea di avversari incrociati negli anni: stupendi e sinceri attestati di stima nel riconoscere la grandezza di un atleta che ha senza dubbio arricchito la nostra Serie A con il suo talento e la sua classe e con il suo essere un Signore (come è stato scritto da un direttore di gara).

Bast mancherà alla pro Recco Rugby, mancherà alla Serie A, mancherà al rugby italiano, mancherà a me e a tutti coloro che hanno diviso con lui campi, maglia, lacrime, sorrisi e risate.

Allez Bastien, allez Bastien!

“Le rugby, c’est l’histoire d’un ballon avec des copains autour et quand il n’y a plus de ballon, il reste les copains” (Jean-Pierre Rives)

(Nella foto principale, le lacrime della finale più amara: Viadana 2015)

(Tutte le foto: archivio Pro Recco Rugby)