Pioggia, divano, rugby, rugby, rugby!

Sabato 13 novembre, mentre fuori pioveva e mezza Genova era allagata, io ho passato un tot di ore sul divano a godermi tre partite del secondo turno di Autumn Nations Series: Italia-Argentina, Irlanda-Nuova Zelanda e Inghilterra-Australia.

Con me sul divano c’erano i miei gatti, ovvero Artù, Nerone e la principessa Nika, mentre in collegamento da altri divani sparsi per l’Italia c’erano, come di consueto, i membri della pregiatissima giuria TGMS.

ITALIA -ARGENTINA (16-37)

Quella che doveva essere la prima prova del nove per la nuova Italia di Crowley, considerando giustamente poco attendibile il test contro gli All Blacks, si è rivelata purtroppo molto deludente e ha dato nuovamente l’impressione di un’Italrugby specializzata nel passo del gambero: un passetto avanti e poi subito un paio di passi indietro. Nessuno si aspettava miracoli e nessuno si illudeva che ventisette minuti sullo 0-0 contro una Nuova Zelanda in formazione inventata di sana pianta significassero un miracolo ma ci si aspettava di vedere anche a Treviso almeno la stessa “garra” e la stessa efficacia in difesa. Invece gli Azzurri hanno fornito una prestazione scialba e piena di errori e gli argentini hanno piazzato un quasi quarantello quasi senza sudare e senza fare niente di trascendentale.

Si tende spesso ad affiancare Italia ed Argentina, due Paesi lontani ma accomunati dalla latinità ed anche dal “sangue” visto il gran numero di argentini di origine italiana, oltre che legati dal punto di vista ovale dal gran numero di giocatori “albicelesti” che da sempre giocano in Italia e anche in maglia Azzurra. In realtà, le due nazionali di rugby sono lontane anni luce: le separano sei posizioni nel ranking (8 vs 14) ma anche un andamento decisamente diverso nel corso degli ultimi anni.

Nonostante le enormi difficoltà economiche e sociali del Paese, il rugby argentino continua a progredire e a sfornare giocatori di qualità che, dopo la fine dell’esperienza dei Jaguares, sono tornati a fare la fortuna dei principali club europei. Un sistema basato sui club, a cui gli argentini sono legati in modo viscerale, e il rispetto e la valorizzazione del rugby riescono a creare e mantenere un eccellente movimento, nonostante le tante difficoltà.

Proprio da uno dei grandi club francesi arriva Marcos Kremer, un gigante che, dal momento in cui ha segnato contro l’Italia, ha immediatamente colpito la giuria: “Ci ispira crema al pistacchio e passito di Pantelleria, con i suoi sentori di frutti a polpa gialla e miele. Il giovinotto è nato a Concordia, città al confine con l’Uruguay: nomen, omen e infatti ci ha messo tutte d’accordo!”.

Un grande abbraccio allo sfortunatissimo pilone Azzurro Marco Riccioni che ha lasciato il legamento crociato del suo ginocchio sinistro sul campo di Treviso: in bocca al lupo per la guarigione!

IRLANDA-NUOVA ZELANDA (29-20)

Una partita di rugby assolutamente STELLARE tra la numero 5 e la numero 1 del ranking IRB. L’Irlanda non ha sbagliato niente, così come il buon (e bon) arbitro Luke Pierce, già ampiamente apprezzato dalla giuria al 6 Nazioni.

Questa partita finisce dritta negli annali e non solo perchè ogni sconfitta degli All Blacks è un evento: i Verdi hanno dato vita ad una prestazione strepitosa, mostrando di non essersi affatto fatti intimorire dalla Kapa O Pango a loro dedicata dagli avversari. E se gli hanno fatto la Kapa O Pango voleva già dire che gli AB non erano poi molto tranquilli!

Incontrare l’Irlanda al 6 Nazioni sarà una vera goduria… Ma andiamo oltre e preoccupiamoci di questo quando sarà il momento!

Partita meravigliosa e bei soggetti in campo, tra i quali la giuria ha di fatto selezionato… due neozelandesi! Nel senso che James Lowe, ala dell’Irlanda, è in realtà un Maori nato a Nelson che ha scelto di essere eleggibile altrove e ha anche segnato una meta fondamentale proprio contro i suoi compaesani. “Sciolgo le trecce ai cavalli…”: la chioma di Lowe, sciolta subito dopo la marcatura, ha stecchito all’istante la giuria, che cn lui dividerebbe un tortino dal cuore caldo di cioccolato fondente ricoperto di cioccolato bianco fuso. Ci si beve sopra un Erbaluce di Caluso passito DOCG, che sa di erbe aromatiche e mandorla.

Per quanto riguarda gli All Blacks siamo andate su un classico intramontabile: il maturo, fortissimo e fascinosissimo mediano di mischia TJ Perenara, votato ancora prima di toccare palla, mentre guidava la Haka di Dublino. Per lui abbiamo subito puntato su un esotismo caliente con un chutney piccante di mango che la nostra esperta sommelier ha abbinato con un vino nientemeno che dallo stato di Washington, “un riesling morbidissimo ma con una forte acidità, note di idrocarburi e fiori di sambuco appassiti. Insomma, sa di benzina, come TJ quando gioca o conduce la Haka!”.

INGHILTERRA-AUSTRALIA (32-15)

Partita non esaltante e seguita un po’ distrattamente ma apprezzata quel tanto che basta per far esclamare a parte della giuria che “tornando ai tronchi di pino, Eng-Aus è un bosco!”. Molti muscoli e fascino da surfisti per gli Aussie, molti muscoli e relative maglie bianche super stretch per i giocatori della Rosa.

Mentre scrivo, domenica 14 novembre, è in corso Galles-Fiji, è appena finito il primo tempo, il Galles sta faticando decisamente troppo e a noi non poteva sfuggire l’arbitro australiano Nic berry, peraltro abbinato al sempre votatissimo arbitro Ben O’Keeffee, al quale il primo si rivolge come se fosse un suo personale TMO. Con loro c’è anche il giovane e promettente fischietto italiano Gianluca Gnecchi, scelto per questo importante appuntamento internazionale: bravo!

Anche questa settimana non possiamo esimerci dall’inserire un “fuori campo”: dopo Damiano dei Maneskin in Gucci white tocca ora a Matteo Berrettini, uno dei maschi italici più belli del creato, che ha oscurato il sole quando è comparso alla presentazione delle ATP Finals. Lui lo abbiniamo ad una crema spalmabile alla nocciola con pepite di sale grosso, insomma una nutella molto gourmet e di classe, proprio come lui. Per quanto riguarda il vino “è talmente fuori gara che gli dedichiamo un’intera zona di produzione: il Priorat, a sud di Barcellona, suolo vulcanico di quarzo e argilla nera, difficile da coltivare ma che dà vini potenti ed elegantissimi che sono unici, come il buon Matteo”.

Quanta bella gioventù! E zio Nole là dietro che ghigna e sta pensando che li stende ancora tutti!

P.S. Il week end ovale era iniziato venerdì sera con la diretta del “derby d’Italia” Petrarca Padova vs Rovigo, che a Raisport probabilmente ancora credono sia stato Padova-Treviso.

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ITA-NZL: di rugby, fame e dessert.

Sabato 6 novembre 2021, Stadio Olimpico di Roma, prima partita dell’Italrugby nella tradizionale finestra internazionale autunnale e ritorno degli All Blacks a Roma dopo quasi tre anni (24 novembre 2018: 3-66).

Si torna allo stadio ma la pandemia non è ancora finita, però è bello lo stesso, anche se per giornalisti e fotografi significa una notevole fame, non di mete ma proprio di cibo: niente buffet della stampa ma neanche un panino e chi non si è organizzato si è nutrito appunto solo di mete!

Per la prima volta ho chiesto e ottenuto un accredito stampa a nome di questo mio piccolo blog e ne sono molto felice!

Mentre in campo si giocava, sull’asse Olimpico-divani la pregiata giuria TGMS non si risparmiava e non poteva fare a meno di notare l’arbitro, l’inglese Mr Karl Dickson, maturo e rude al punto giusto, eccellente nel riempire la sua maglia e in pasticceria abbinato ad un sontuoso profitterol: cioccolato deciso e forte ma con il cuore di chantilly dove affondare. Ci beviamo sopra un rosolio oppure un Whisky torbato delle isole Ebridi, misterioso, potente e avvolgente.

Ma l’occhio della giuria è vigile e mobile e si sposta anche fuori dal campo: un’apparizione di Giamba Venditti che avrebbe steso chiunque ha evocato un bel quadretto di cioccolato nero fondente, accompagnato con salsina ai frutti di bosco. Lo si degusta con un Porto Amontillado, intrigante sensuale e da meditazione, oppure con un caliente rum di Barbados.

Ancora più fuori dal campo, ma non ci siamo potute esimere, fragoline e champagne su Damiano dei Maneskin in bianco Gucci, comparso su IG giusto nei giorni precedenti alla partita. Dopotutto è romano e la partita è a Roma: ed ecco qua! (Cit. “Il Mio Grosso Grasso Matrimonio Greco”)

Intanto in campo l’Italrugby faceva qualcosa di quasi miracoloso tenendo il risultato bloccato sullo 0-0 per ben ventisette minuti, nei quali gli All Blacks hanno perso in avanti più palloni che nel corso di tutto l’anno. Chiuso il primo tempo sul 6-21, le telecamere durante l’intervallo immortalavano gli Azzurri stremati nello spogliatoio.

Inostri ragazzi sono tornati comunque in campo con il piglio giusto e, difendendo senza risparmiarsi, sono riusciti ancora ad arginare la marea nera, a dire il vero oggi più in versione chiazza di benzina sull’asfalto: bravi e quasi eroici gli Azzurri, mentre gli All Blacks, in formazione sperimentale e forse troppo convinti di fare la scampagnata, sono sembrati anche un po’ stanchi, ormai a fine stagione e dopo diversi mesi lontani da casa.

Insomma, alla fine gli AB hanno fatto il compitino e hanno piazzato un quasi cinquantello tranquillo (9-47), senza brillare. Per l’Italia sicuramente buone notizie in difesa, nonostante il punteggio (sembra paradossale ma non lo è) e la necessità di giocare con la stessa grinta anche le prossime due partite dell’Autumn Nations Series, contro Argentina e Uruguay: dopo un tot di partite di vero e assoluto sconforto, una sconfitta come quella di oggi sembra quasi carina.

Un’ultima menzione la merita l’osceno taglio di capelli anni ’80 di diversi All Blacks, che sembrano dei Michael Knight modificati in laboratorio, incrociati con turisti tedeschi in vacanza a Lignano.

Sullo sfondo del tutto, voglia e gioia di normalità e vita, amicizie e sorrisi, saluti e racconti, ventuno mesi dopo Italia-Scozia del 6N 2020, pochi giorni prima che il mondo cambiasse.

Storie dal paesello: la musica, il talento, la passione, la vita di un musicista d’orchestra!

Io so molto poco di musica e non ho nessuna dimestichezza con gli strumenti musicali: la tragica esperienza del flauto alle medie mi è bastata per capire che non era cosa per me!

Per questo, incontrare qualcuno che, invece, della musica ha fatto la sua vita e nella sua versione più “alta”, ovvero in un’orchestra, non poteva che colpirmi e incuriosirmi. Anche perchè un’orchestra e i suoi musicisti sono una cosa fighissima, così eleganti, quasi solenni, capaci di suscitare emozioni fortissime con la loro musica, di trasportare in altri mondi, di rendere davvero l’idea di quella che si chiama “eccellenza”.

Così ho organizzato una chiacchierata con Davide, classe 1990, fratello della mia amica e storica compagna di pallavolo Laura, di undici anni più grande di lui e a sua volta insegnante di musica e direttrice della banda musicale del paese.

Quando Davide era piccolo, Laura già suonava e frequentava il conservatorio a Milano e ricordo che mi diceva “in casa il più dotato per la musica è Davide, ha un orecchio quasi assoluto e gli viene così facile suonare!”.

Evidentemente aveva ragione, visto che il fratellino oggi, ancora giovanissimo, ha già alle spalle una bella carriera e suona in un’orchestra stabile, la Filarmonica Toscanini di Parma.

La chiacchierata ha preso forma il 1 maggio 2021 davanti a prosecco e “Rodeo” e credo di aver imparato più cose di musica in meno di un’ora che in più di quarant’anni di vita, pur non avendole capite tutte: ecco perchè mi piace tanto parlare con le persone che mi suscitano interesse e curiosità!

Davide suona il corno, uno strumento che ho capito essere piuttosto complesso, anche se aveva iniziato, oltre che con il famoso flauto delle medie (che lui sicuramente suonava meglio di me!), con il pianoforte e, appena arrivato nella banda del paesello, con la tromba. Ma le trombe erano già troppe e mancava un corno e quindi, corno fu!

Spinto dall’insegnante di musica Prof. Magli, a quattordici anni Davide superò l’esame di ammissione al conservatorio di Bergamo, accompagnato da Laura con una 600 Sporting dove il musicista ancora in erba si sdraiò stremato sul suo vestito da sposa, appena ritirato per il matrimonio imminente.

Sette anni di conservatorio con Massimo Capelli, le prime esibizioni e poi, ad un corso estivo, l’incontro con Luca Benucci, primo corno del Maggio Fiorentino, che lo nota e lo invita all’esame di ammissione al conservatorio di Cesena, per due anni di “specializzazione” dedicati, oltre alla continua crescita tecnica, anche a capire e scoprire il mondo e il metodo di audizioni, concorsi e orchestre.

Durante questo biennio arrivano così audizioni (per singole esibizioni, opere o concerti o contratti di breve durata) e concorsi (per posti più stabili): qualche ruolo minore alla Scala di Milano, tanti teatri in giro per l’Italia e poi, a ventitre anni, l’ingresso nell’Orchestra Giovanile Cherubini del Maestro Muti, riservata a grandi talenti Under 30.

“Sono stati tre anni di lavoro intenso e di esibizioni importanti in tutto il mondo: davanti ai reali di Spagna, a principi degli Emirati Arabi, nel Nord Europa, insomma, ovunque e davanti a platee di migliaia di persone. Una grandissima esperienza per un giovane musicista ma, dopo tre anni, ho deciso che era ora di ricominciare cn le audizioni e i concorsi, perchè non volevo adagiarmi in una situazione che, in ogni caso, sarebbe stata solo temporanea”. Capito il ragazzo?

Riprendono le esibizioni in tutta Italia: Bari, Firenze, Bolzano, il Teatro San Carlo di Napoli. Nel mezzo, anche un’audizione nientemeno che all’accademia dei Berliner Philarmhoniker, alla quale si accede solo se invitati e che non può essere ripetuta se va male: “mi hanno detto che avevo suonato bene ma avevo commesso qualche errore, quindi niente da fare, ma non dimenticherò mai l’esperienza di quella sala da concerto e l’emozione di suonare davanti a membri di quell’orchestra!”.

Nel 2017 va in pensione il secondo corno (e ho scoperto che c’è tutta una scienza anche dietro al primo, secondo e così via di ogni strumento, con differenze sostanziali anche nel modo di suonare di uno piuttosto che dell’altro) dell’Orchestra Filarmonica Toscanini di Parma e viene dunque indetto il concorso per sostituirlo. E’ cosa diffusa, a queste prove per i concorsi, che i candidati suonino nascosti da una tenda, di modo che la commissione possa concentrarsi di più e solo sui suoni che sente. Solo nelle prove finali, quando i candidati ormai sono pochissimi, suonano “alla luce del sole”.

“Ho vinto il concorso e la mia vita è diventata pienamente quella di un musicista d’orchestra professionista: facciamo prove al mattino e al pomeriggio, abbiamo il lunedì libero, suoniamo (in condizioni normali, senza Covid) ogni fine settimana, il giorno del concerto o dell’opera facciamo due ore ulteriori di rifinitura, che si chiama “assestamento”, con alcune differenze a seconda del tipo di esibizione e di quello che dobbiamo suonare. La nostra orchestra è composta da 52 elementi ma, se le partiture lo richiedono, possiamo aumentare fino a 70 e più musicisti”.

Durante la chiacchierata ho scoperto mille aneddoti, tantissime nozioni tecniche di cui non avevo idea e moltissime curiosità che fanno parte di una professione ed una vita sicuramente particolari ma che, parlando con Davide che le vive da anni, sembrano al contempo normalissime. Ho sentito parlare di musica citando Mozart e Beethoven non solo a memoria, ma anche con riferimenti che per i comuni mortali sono praticamente arabo, ho scoperto che un corno valido costa circa 7-8.000 Euro, che un buon violino da concerto è sui 20.000 Euro ma ci sono primi violini che suonano strumenti che ne valgono 200.000 e archetti da 20.000. Ho anche scoperto che però, alla fine sono buoni investimenti, perchè non si deprezzano mai. Insomma, se avete 200.000 Euro che non sapete come investire, lasciate perdere case e dipinti: un bel violino e via!

Davide non era convinto della mia idea di scrivere su di lui, perchè “ma mica sono un Berliner!”, ma non serve parlare per forza con un “Berliner” per trovare eccellenza, passione e modestia. Bravissimo Davide!!!

P.S. durante la chiacchierata/aperitivo la ragazza di Davide, Pamela, anche lei del paesello bergamasco e anche lei insegnante di musica, ha cercato di chiamarlo al cellulare più volte: prima sul suo, che era in tasca chissà dove e poi ha messo la modalità volo, poi su quello di Laura e poi anche su quello di Valerio, marito di quest’ultima. Il commento di Valerio a queste telefonate, che hanno creato una situazione piuttosto divertente, è stato un laconico “è un artista”!

Luna Rossa ma anche un po’ Ovale: una chiacchierata con Michele Cannoni

Michele Cannoni, quarantadue anni, di Recco, boat captain di Luna Rossa, appena tornato in Italia con tutta la famiglia dopo sette mesi in Nuova Zelanda. Pallanuotista in gioventù e velista da quando era un bambino, appassionato e conoscitore di rugby e padre di Leonardo, oggi quattordicenne e già “Squaletto” nelle giovanili della Pro Recco Rugby.

Uno sportivo così di rilievo e al contempo tanto vicino al mio mondo ovale “di casa” non poteva che suscitare in me attenzione e curiosità, anche grazie ai post social della moglie Patty, madre di Leonardo e quindi “mamma biancoceleste”, che ha aiutato noi tutti a seguire più da vicino e con grande emozione la straordinaria esperienza di Luna Rossa, così italiana e “nostra” anche dall’altra parte del mondo.

Premessa: io sono parecchio ignorante per quanto riguarda vele e barche ma, come tutti, tifo Luna Rossa quando c’è la Coppa America. Così, non vedevo una regata da un bel po’ di tempo quando, facendo zapping su Sky durante la Prada Cup, mi sono imbattuta nella differita di una delle gare di Luna Rossa. Bello il mare, belle le vele, guarda come viaggiano e… porca miseria… la mia tv dà i numeri o queste barche non toccano l’acqua???

Così, il super tecnico e paziente Michele mi ha spiegato in modo comprensibile come si tratti “semplicemente” di portanza, esattamente come per gli aerei: la spinta del foil che sta dentro l’acqua e dell’elevator del timone, insieme all’angolo di attacco dei flap, creano la portanza che solleva lo scafo dall’acqua, esattamente come meccanismi analoghi fanno sollevare gli aeroplani e li tengono in aria.

Insomma, le automobili ancora non volano, ma le barche sì!

Esaurito questo preambolo di ignoranza (mia) vs scienza e maestria (sue), ecco la mia chiacchierata con un super velista anche molto ovale.

Michele, come si diventa boat captain di Luna Rossa? Recco, il mare, la vela e…?

Ho iniziato ad andare in barca a vela a sei anni, sempre supportato e incoraggiato da mio padre e da mio nonno, che aveva una barca dove passavo tantissimo tempo durante l’estate. In quanto recchelino ho ovviamente giocato a pallanuoto e, mentre crescevo nelle giovanili della Pro Recco, uscivo in barca e facevo regate non appena potevo. Ho iniziato a venire chiamato per gareggiare su barche più grandi e, dal 2001, è diventato il lavoro con cui mi mantengo. La mia prima esperienza su Luna Rossa risale al 2003: sono stato prodiere alla Louis Vuitton Cup del 2007, con base a Valencia. Dal 2008 al 2018 ho gareggiato nel team di American Magic diventando boat captain e, nel 2017, Max Sirena, skipper di Luna Rossa, mi propose di entrare nel nuovo progetto per l’America’s Cup. Ho accettato e nel 2019 io e la mia famiglia ci siamo trasferiti a Cagliari, base di Luna Rossa, e poi, da settembre 2020, siamo andati tutti a Auckland.

Tuo figlio Leonardo in Italia giocava a rugby, tu sei un appassionato della palla ovale e avete vissuto per mesi nella culla degli All Blacks: ricordo di aver visto sui tuoi social delle foto allo stadio, a vedere i Tuttineri!

Purtroppo Leo non è riuscito a giocare a rugby laggiù, perchè quando siamo arrivati era estate e le scuole erano in vacanza: la pratica del rugby a livello giovanile là è strettamente collegata alla scuola e durante le vacanze è riuscito a giocare solo un po’ a touch rugby in qualcuno dei bellissimi parchi di Auckland. Però ci siamo potuti godere la fantastica NZL-AUS dell’Eden Park a ottobre, con lo stadio gremito ma in assoluto silenzio durante la Haka: grande emozione!

Durante le regate Luna Rossa ha ricevuto visite ovali di un certo livello: Richie McCaw e John Kirwan, kiwi molto legato all’Italia e non solo per essere stato Commissario Tecnico della Nazionale.

Richie McCaw è un pilota di alianti ed elicotteri ed è preparatissimo sulla fisica delle ali: gli ho mostrato i sistemi della barca e ho subito capito che conosceva bene i meccanismi di portanza e aerodinamica. Con mio figlio poi abbiamo guardato il docu-film su di lui, che è davvero bello. L’incontro con Kirwan è stato molto divertente: in un quartiere di Auckland c’era stata una sorta di fiera dell’italianità, con stand di prodotti italiani, mi avvicino ad uno che proponeva grappe, quasi un miraggio downunder, dove una ragazza molto alta mi ha subito risposto in italiano, spiegandomi di essere la figlia dell’ex All Black John Kirwan, lì presente, che produce vino e distillati con l’etichetta “JK”. Quando poi è venuto a vedere la barca, ci ha portato il vino!

(Nota: gli anni in Italia e in Veneto hanno lasciato dunque il segno non solo in ambito sportivo nella famiglia Kirwan: papà giocatore, allenatore e CT di rugby, la figlia Francesca pallavolista fino alla A1 con la maglia di Conegliano e, imparata l’arte, un’attività di produzione di vini e grappe! Prosit!)

Da sportivo e da papà, quali sono le cose principali che vorresti che tuo figlio imparasse dallo sport, che sia vela, rugby o qualsiasi altra disciplina?

(Nota: qui ci vuole l’espressione letterale usata da Michele)

Una cosa soltanto: che i risultati non vengono per culo. Ti devi impegnare, devi buttarti, non devi preoccuparti del giudizio degli altri, devi dare sempre il massimo perchè, come in ogni ambito della vita, altrimenti non puoi ottenere quello che vuoi.

Arriva ora la più classica delle domande: cosa ti è mancato di più della Liguria e dell’Italia, durante i lunghi mesi dall’altra parte del mondo.

(Nota: alla più classica delle domande, arriva la più classica delle risposte)

La focaccia di Tossini, con le cipolle e al formaggio, il pesto di mia mamma e le acciughe, che là non esistono, ci sono delle grosse sardine oceaniche, ma niente acciughe.

Quali sono ora i programmi della famiglia Cannoni? La Pro Recco Rugby spera di rivedere presto Leo al campo!

Anch’io spero possa tornarci molto presto, anche perchè ha bisogno di riambientarsi in Liguria, dopo un anno in Sardegna, dove ha giocato con la maglia del Capoterra, e i sette mesi di esperienza straordinaria, ma anche non sempre facile per un adolescente, in Nuova Zelanda. Ora lui intanto finirà la scuola per dare l’esame di terza media, mia moglie Patty tornerà a lavorare nel suo ufficio e io in estate sarò impegnato con delle regate in Europa con un team straniero, poi deciderò cosa fare più in là.

Grazie Michele per la grande disponibilità, grazie Patty per averci fatto vivere da vicino le grandi emozioni di Luna Rossa e un abbraccio a Leonardo che, tra qualche anno, metterà sicuramente bene a fuoco le esperienze che ha vissuto e la loro grande ricchezza!

Storie dal paesello: una Rasoiata a sorpresa!

Quando si cresce in una piccola realtà succede che, anche se non si frequenta direttamente qualcuno e non si è nello stesso gruppo di amici, di fatto tra coetanei ci si conosce tutti.

Tutti sanno chi sono gli altri, si conoscono nomi e amicizie, si sa dove ognuno va a scuola quando si iniziano le superiori, si sa chi ha fratelli o sorelle e chi sono, e così via.

Ovviamente si sa se qualcuno si sposa, se ha dei figli, se va a vivere altrove, se è andato all’università e, bene o male, anche che lavoro fa.

Così, avevo lasciato Walter, che è due anni più giovane di me, laureato in scienze dell’educazione e occupato nel settore, ovvero in una qualche comunità di sostegno o qualcosa di simile.

Io vivo altrove ormai da quindici anni e, salvo le mie visite periodiche al paesello, quattro chiacchiere e saluti vari, per quanto riguarda le amicizie non strettissime il mio telescopio verso quel mondo sono, inevitabilmente, i social network.

È quindi successo che, qualche tempo fa, ho iniziato a vedere dei post dai quali si intuiva che Walter l’educatore fosse diventato Walter il parrucchiere o barbiere. Finché poi non si sono materializzate anche le tracce di un progetto di apertura di un negozio.

Un’altra delle cose su cui chi è nato e conosce bene un piccolo centro non può sbagliarsi sono i negozi, le attività commerciali: si sa esattamente dove si trovano e si possono elencare praticamente ad occhi chiusi. Quindi ogni novità va inserita in questa mappa mentale.

Ho iniziato a chiedermi come caspita Walter l’educatore fosse arrivato ad una prossima apertura di un negozio “barba e capelli” e gli ho scritto, dicendogli che avrebbe dovuto raccontarmi tutta la storia alla prima occasione, davanti ad un bel bicchiere. Era poco prima che il covid buttasse all’aria il mondo.

Nel frattempo e nonostante la pandemia, seppur in ritardo sui programmi, la bottega è stata aperta, il 13 novembre 2020 e oggi, 2 aprile 2021 io e Walter ci siamo finalmente fatti la famosa (video)chiacchierata, purtroppo senza bicchieri ma contenti in ogni caso.

Così ho scoperto che, a quasi quarant’anni e dopo aver iniziato a tagliare alla buona (ovvero con “la macchinetta”) i capelli ai ragazzi ospiti della comunità dove lavorava e dove non si trovava più molto bene, tra una semplice rasatura e qualche primo ed avventuroso tentativo di sfumatura con le forbici, Walter decise di iscriversi alla scuola serale per parrucchieri, lavorando nel frattempo nella comunità per il primo anno e poi da un parrucchiere per il secondo e il terzo (anno supplementare che serve per poter avere l’abilitazione necessaria ad aprire un negozio proprio: tutte cose che ho imparato pochi minuti fa!).

Trovato il locale e arruolato un team di amici (che, naturalmente, conosco anche io!), ognuno con la sua professione e professionalità, per collaborare alla realizzazione e allestimento del negozio, la “follia” di Walter ha infine preso forma e sostanza diventando “Rasoiata Barba&Capelli”.

Mi piace raccontare storie che mi colpiscono ed incuriosiscono e questa, decisamente, lo ha fatto.

Mi piace doppiamente perché stiamo parlando di un paesino in provincia di Bergamo in tempi di covid, con una linea temporale che prende in pieno anche il tristemente famoso marzo 2020.

A Walter (al quale nessuno o quasi si rivolge chiamandolo per nome ma sempre per cognome, ma faccio finta di no per mantenere un minimo di parvenza di diritto alla privacy!) un grande abbraccio, il mio più sincero in bocca al lupo e, visto che per fortuna ancora la barba non mi cresce, l’appuntamento non da cliente ma per due chiacchiere davanti al famoso buon bicchiere, non appena si potrà!