Sono nata e cresciuta in un paesino in provincia di Bergamo, una provincia poco nominata, se non per i suoi proverbiali muratori, una provincia di secondo piano, fatta di tanti piccoli comuni e con un piccolo e poco conosciuto capoluogo, diventato più noto solo grazie a Mr. Ryanair che, quando ha adocchiato quel minuscolo e praticamente inutilizzato aeroporto ad una quarantina di km da Milano, ne ha fatto una porta da e per l’Europa intera, facendo scoprire a tanti una bellissima e poco nota città.
Ora, proprio la provincia di Bergamo è diventata l’epicentro nazionale dei contagi del covid-19: la quiete di un territorio di paesini, capannoni, campagne e campi coltivati, di gente abituata a lavorare e ad avere pochi fronzoli, una tradizione di abitudine alla solidità, lontano da clamore e riflettori, completamente stravolta e straziata da una pandemia che sta segnando profondamente tutti gli abitanti.
Perché in provincia, nei piccoli centri, quel che succede a qualcuno diventa cosa di tutti: vale per le cose “leggere”, insomma, per il gossip, ma vale anche per le cose gravi. L’effetto è quello, inesorabile, di un amplificatore: è di fatto impossibile non sentirsi coinvolti, perché c’è sicuramente, anche quando non una conoscenza diretta, un qualche tipo di legame o riferimento che fa sì che ci si senta vicini e colpiti da quel che accade a chiunque altro.
Non ci vuole quindi troppa immaginazione per capire come stia vivendo adesso tanta gente che conosco, famigliari, amici, conoscenti, che si ritrovano in una dimensione quasi onirica e parallela, come tutti noi in questo periodo, costretti ad una vita che non è più la nostra, con l’aggravante di sapere di trovarsi nel cuore del disastro, nel posto dove nessuno vorrebbe essere.
Si stava infinitamente meglio quando Berghèm e i suoi piccoli comuni non erano sulla bocca di tutti, quando erano solo la terra dei muratori, dell’Atalanta e del dialetto e l’accento da prendere un po’ in giro. Si stava meglio quando amici e conoscenti da tutta Italia e dall’estero non dovevano premurarsi di chiedere notizie in virtù del vivere o provenire da quelle parti. Covid-19 si è abbattuto su un territorio normalmente silenzioso e schivo, proiettandolo alla ribalta , in primo piano su tg e giornali, tabelle e studi sui contagi.
Io vivo questa paura da 200 km di distanza, lontana da lì e da tutti coloro che ci vivono, dai miei cari, dalle mie amiche e amici, dal paesino che conosco millimetro per millimetro e che, in questo periodo, è diventato “altro”, in preda a preoccupazione e dolore.
Ho scritto di getto queste righe per tutti i bergamaschi, per tutti i barianesi, per tutti coloro che, in ogni parte d’Italia, stanno vivendo la separazione, la distanza e l’isolamento da coloro a cui vogliono bene.
Non lo so se “andrà tutto bene” ma so che non si può far altro che tenere duro, che bisogna molà mia, a Berghèm e ovunque, in ogni singolo luogo e in ogni singola casa.
Molém mia.
(Foto Arianna M.)
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